domenica 20 marzo 2011

Intervista a Vincenzo Zitello




Colgo l'occasione di pubblicare un'intervista a Vincenzo Zitello in questi giorni che precedono un suo concerto a Milano presso il Teatro "La Scala della Vita" che sta ormai diventando il "teatrino dell'arpa". Musica D'arpa ha organizzato una vera e propria stagione dedicata all'arpa che partirà il 10 ottobre con il concerto di Vincenzo Zitello dal titolo "Solo".
Tutte le info della stagione le potete trovare sul sito di Musica D'arpa.
L'intervista con Zitello l'abbiamo sviluppata via mail visto l'impossibilità di trovarci di persona per i tanti impegni di entrambi (lui è sempre in giro per concerti e io…  tengo famiglia ; -)

Ciao Vincenzo,
ti ho ascoltato diverse volte dal vivo come un paio d'anni fa in un programma natalizio nella Chiesa di Antegnate in provincia di Bergamo. Quel concerto prevedeva un programma di brani da solo, altri dove accompagnavi una cantante e altri ancora in duo con un chitarrista che oltre a suonare la chitarra produceva effetti midi. Poi recentemente, durante una tua recente conferenza, tenuta per l'inaugurazione della sede di Camac Italia, è stato simpatico ascoltare i tuoi racconti di aneddoti che fanno parte della tua ricerca giovanile in terra bretone, della tradizione dell'arpa celtica e di validi insegnanti che hai incontrato nei tuoi anni di studi.


La domanda di rito che faccio a tutti gli arpisti è questa: Perché hai cominciato a suonare l'arpa? Ma visto che della tua storia musicale conosciamo già della tua folgorazione per l'arpa grazie all'ascolto del disco di Alan Stivell "Renaissance de la Harpe Celtique" degli anni '70, allora m'interessa fare un passo indietro e sapere come iniziasti a far musica e che rapporto hai avuto con gli altri strumenti che hai suonato, e cioè il flauto e la viola. So anche che le prima collaborazione con Battiato le hai fatte suonando la viola nel suo gruppo.
Gli studi di questi strumenti sono stati accademici o da autodidatta?
La spinta alla musica ti deriva dalla famiglia o da una tuo esclusivo interesse giovanile personale?
Il lato paterno della mia famiglia era pieno di musicisti: mia nonna negli anni tra 1915 e 20 era in tournée in sud e nord America come cantante professionista; il papà di mia nonna era musicista e cosi una serie di pro zii.
Mio padre mi istradò alla musica. Lui era un trombettista, swing e jazz. Suonava nelle celebri bande siciliane degli anni 40 e 50 e in più suonava la chitarra e cantava.
La musica ha sempre fatto parte della mia vita. Ho iniziato i miei studi con insegnanti privati, come violinista e poi, con il flauto traverso, ebbi l’idea di prepararmi per entrare a frequentare i corsi al conservatorio, ma purtroppo papà morì quando avevo 9 anni e tutto cambiò.
Ho studiato qualche anno nella scuola civica di musica a Sesto San Giovanni la viola con il maestro Ragazzi, ma le istituzioni mi stavano strette. Ero davvero irrequieto e dovevo assolutamente sperimentare. Avevo delle idee molto precise sulla musica e l’arpa aveva sempre toccato la mia immaginazione, ma era difficile provarla e poi corrispondeva davvero alle mie aspettative? Era tutto nella mia immaginazione ? ma la voglia di suonarla era troppo forte, dopo un lungo viaggio in treno per l’Europa capii che quel suono che mi circolava in testa non era né una chitarra né un pianoforte ma un'arpa.
I primi studi d'impostazione sull’arpa li feci con un arpista classica di Monza Lisetta Paleari con il metodo Grossi.

Ora veniamo all'arpa: come mai dal '70 ti ci sono voluti sei anni per trovare l'arpa e decidere di suonarla?
La lunga attesa a cosa si deve? Forse ad una decisione maturata lentamente o alle difficoltà di reperire lo strumento e trovare maestri adatti al tuo progetto?
Era difficile trovare un'arpa celtica e qualcuno che la suonasse in Italia e le arpiste erano una realtà separata dalla musica d’insieme della scuola che frequentavo. Fui istradato da un amico musicista e chiesi a Mara Galassi se mi faceva vedere la sua arpa Irlandese, lei accettò. Ne rimasi folgorat. Mi diede l’indirizzo di un importatore, un certo Jose Seferian (se non ricordo male) che aveva gli uffici a Milano in corso Buenos Aires. Aveva importato dall’Irlanda una decina d'arpe Irlandesi per conto della scuola civica di Milano e più precisamente per l’insegnante, la signora Chierici. Così acquistai la mia prima arpa celtica per l’enorme somma di 500 mila lire. Per l’epoca era una vera fortuna, ma non importava, avevo una parte della mia anima tra le mani, anche perchè era l’ultima rimasta. Era il 12 aprile del 1976 . Ma la sonorità non coincideva con quella da me cercata e così scoprii che l’arpa che volevo suonare aveva le corde in metallo. Le cambiai e così iniziai il mio percorso subito personale e di ricerca sulla costruzione delle arpe con corde in metallo. Dopo qualche anno fui affiancato da Michele Sangineto che avevo conosciuto alla scuola d’arte statale di Monza come insegnate d'arte applicata. Lui si appassionò all’arpa Irlandese e incominciò a costruire arpe con corde in metallo che io suonai negli anni successivi.
Com'è stata la tua formazione con Bouchaud. Hai seguito diversi stage con lui a partire dal 1976? Che tipo di lezioni e di repertorio hai esplorato sotto la sua guida? Per lo sviluppo della tecnica arpistica con che metodi e studi hai lavorato?
Con Dominic Bouchaud studiai al centro di Culture Bretone Ti kendal a Redon in Bretagna nel 1982. Nel 1977 avevo preso qualche lezione dall’arpista Loretta Paleari di Monza: lei suonava l’arpa classica e l’impostazione di conseguenza era di tipo classico. Studiai sul metodo Grossi, mentre con Dominic Bouchaud ebbi degli incontri sporadici ma a mio parere molto utili e molto personalizzati.
Poi ho cercato tutta la musica d’arpa facendo adattamenti che poi ho studiato ed elaborato. Mi sono creato un percorso autonomo dal punto di vista didattico.
Stivell era la parte più interessante anche perchè era l’unico riferimento contemporaneo di arpista che suona le corde in metallo. Oggi ne abbiamo parecchi e tutti hanno preso qualcosa da lui.

Quindi hai iniziato su un'arpa con corde di budello e poi sei passato su un'arpa a corde di metallo utilizzando la tecnica del pizzicare con le unghie?
Sì, ho iniziato senza unghie e dopo 12 anni di studi ho incominciato ad usarle per personalizzare e dare dinamica al suono dell’arpa bardica.
Oggi dopo tanti anni sconsiglierei di usare troppe unghie io a volte eccedo. Sul metallo rendono mentre sul Nylon o Minugia non molto e obbligano ad un grosso lavoro di incastro tecnico tra il polpastrello e l’unghia, rendendo davvero difficili le articolazioni. Anche nella scuola di Stivel non si usavano le unghie.





Ho letto che nel 1986 suonavi un'arpa a Magnete costruita da Michele Sangineto liutaio di Monza. Ci racconti che caratteristiche aveva?
Era un prototipo molto interessante era piccosa e non aveva la cassa armonica era una vera innovazione le corde erano in metallo e l’ho utilizzata sul cd Et Vice Versa registrato nel giugno del 1986 in un brano "La porta nella fontana".
Le tue apparizioni dal 1990 sono tutte con il gruppo. Suonavi con chitarra, basso, tastiere e batteria e alle volte con le tabla. La tua musica aveva una connotazione fortemente New Age. Più tardi hai diradato le apparizioni di gruppo e ultimamente ti vediamo sempre di più da solo o con formazioni più classiche. Io ti ho ascoltato due anni fa in occasione di un tuo tour natalizio con una cantante e un chitarrista che oltre a far risuonare le sue corde metteva sotto i tuoi arpeggi un tappeto d'effetti orchestrali. Questa evoluzione è dovuta ad una scelta artistica o una condizione dettata anche dal mercato?
Io faccio questo tipo di musica da molto prima che esistesse la New age tanto che questo mi ha portato ad essere pubblicato in mezzo mondo alla fine degli anni 80. Non credo che la mia musica sia New age è solo che ha risentito delle sonorità degli anni 80/90. Oggi tanti brani che suono sono sentiti in modo completamente diverso e vengono suonati da musicisti classici eppure sono nati allora quando sono stato uno dei primi al mondo ad utilizzare le arpe elettriche. Già nel 1980 usavo questo tipo d'arpe. E utilizzavo live electronics. Non ho mai pensato in termini di mercato sono sempre andato dove mi portava la mia voglia di fare musica e forse è questo che mi ha permesso di fare tanti concerti. Suonare in gruppo mi piaceva molto, era bello girare con i miei amici, oggi sono in una fase musicale diversa, il solo arpa mi rappresenta di più.
Come vorresti definire oggi il genere di musica che fai?
Sei in ogni caso sempre portato alla ricerca sonora che preferisce il timbro piuttosto che una melodia riconoscibile? Questo ti avvicina forse più alla world music o addirittura alla musica indiana. Per esempio mi spiegavi che il tuo brano Gaelic Raga è stato una sorta di ricerca tra le diverse sonorità di un'arpa a corde di budello e una a corde di metallo.
La mia musica rientra in un progetto strumentale contemporaneo, le ispirazioni sono molte ed appartenenti a molti dei generi che ho frequentato e ho inglobato emozionalmente e culturalmente. Ho sempre avuto la fortuna di suonare e di frequentare musicisti con una vera personalità quindi diciamo che ho frequentato la fonte e non l’influenza. Questo ti dà la possibilità di avere un profondità artistica molto sfaccettata e diretta, una libertà psicologica di essere. In ogni caso non m'interessa solo il timbro, anzi, chi conosce la mia musica sa che e piena di melodie riconoscibilissime, e che la mia musica ha connotazioni fortemente melodiche. Ma ci sono brani come gaelic raga che escono dal solo senso melodico e cercano la variazione e le contaminazioni con l’oriente. Una piccola riflessione: la musica oltre allo spazio che crea, ha come stato tre elementi imprescindibili. La melodia che si percepisce con la logica (infatti noi non comprendiamo bene le melodie arabe, esempio) mentre il ritmo è vicino alla volontà ed e molto più facile e poi c’è l’armonia che è pura emozione solo sentire, il clima la luce il colore della musica. Ecco cosa cerco: l’apertura delle percezioni e la sorpresa. .E imparare sempre è importantissimo, la musica non e staccata dall’uomo. In questo contesto ho studiato molti strumenti di varie tradizioni, mi sono interessato a musiche e strumenti Cinesi e Giapponesi Indiani e Barocchi Armeni, e oltre ai flauti di varie nazioni anche a strumenti ad ancia come il clarinetto e clarinetto basso, gli strumenti medioevali e rinascimentali.
Cosa suggeriresti ai giovani che si vogliono occupare d'arpa oggi? Un approccio accademico iniziale o subito un approccio personale e "fai da te"?
Io credo che la cosa importante e chiedersi perchè si vuol suonare l’arpa, qual è lo scopo ... da lì si sceglie il percorso. Se si vuole fare l’arpista serio si deve studiare all’inizio la tecnica classica, poi, dopo almeno una decina d’anni, cercare attraverso altre possibilità stilistiche, ma è la musica che le detta. Si pensa all’arpa come uno strumento che deve suonare tutta la musica e gli stili, ma tutto non si può suonare. C’è bisogno di inquadrare il proprio intervento anche se è solo per un periodo. Lo studio mirato porta a fare grandi esperienze stilistiche utili a tutta la musica che s'intende studiare ed eseguire, una cosa importante è dare allo strumento la personalità di chi suona. So che non si può essere tutti creativi ma anche eseguire un brano richiede creatività intelligenza musicalità e ritmo, esplorare creativamente questi aspetti dell’arpa, credo che bisogna fare un percorso e capire cosa si vuole comunicare e imparare a suonare lo strumento e non farsi suonare solamente da lui.

Inviato da Harpo il Lun, 09/27/2010 

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