lunedì 17 gennaio 2011

Intervista a ELISA VINCENZI




Conosco Elisa Vincenzi lo scorso ottobre durante un incontro del laboratorio "L'arpa di O'Carolan" ospite presso il negozio Cavalli di strumenti musicali. Si presenta per iscriversi al corso d'arpa celtica e iniziamo le lezioni.
Elisa suona il basso elettrico da diverso tempo e l'arpa da un paio di anni.
In occasione delle lezioni di gruppo e individuali ci conosciamo meglio e mi racconta del suo lavoro con i bambini. Nasce così questa collaborazione con blogarpa.
Elisa scriverà alcuni articoli nella rubrica che avrà per nome Giochiamo che facciamo musica? nei quali ci illustra la sua esperienza coi bambini nei primi approcci con le note.




Potete leggere la biografia di Elisa Vincenzi direttamente dal suo sito, www.suoninmovimento.it,  dove trovate anche i suoi progetti e le sue proposte.

Allora faccio anche ad Elisa la domanda di rito: "Perchè suoni l'arpa?"
Mi sono accostata all’arpa celtica per motivi di lavoro. Mi spiego meglio. Mi occupo da circa dieci anni della progettazione e conduzione di laboratori musicali per i bambini. Inizialmente si trattava di progetti di musicoterapia mentre in seguito mi sono specializzata anche sull’aspetto della propedeutica.
All’interno dei laboratori stessi mi piace che i bambini non solo ascoltino ma provino a mettere le mani sugli strumenti e trovo che l’arpa celtica sia molto adatta in questo senso per una serie di motivi. Innanzitutto per le dimensioni: attualmente si trovano in commercio arpe a 23 corde che sembrano fatte a misura di bambino.
La forma stessa inoltre, permette loro di abbracciare lo strumento e di percepirne le vibrazioni attraverso la cassa di risonanza.
Poi per il timbro, quasi magico e surreale, che aiuta a rievocare vissuti simbolici. Un giorno mentre facevo ascoltare il suono dell’arpa ad un gruppo di bambini di quattro anni, uno di loro mi ha detto: “Sembra quando arriva la primavera!”. Io ho commentato: “Hai ragione. Sembra che sia primavera”. Lui ha ribadito: “No. E’ proprio quando arriva, che i fiori si aprono e spuntano le foglie!”.
Non ultimo, vi è il fatto che suonare l’arpa anche in maniera molto semplice (eseguendo per esempio dei glissandi o pizzicando le corde in ordine sparso) per un bambino è già fonte di soddisfazione e gratificazione! Non scordiamoci che suonare deve rappresentare un momento piacevole e non essere motivo di frustrazione. Sono convinta del fatto che se i piccoli riescono ad avvicinarsi agli strumenti in questo modo, poi per loro sarà più facile in futuro riuscire a superare lo stress derivante dallo studio vero e proprio.

Com'è avvenuto il tuo primo incontro con la musica?
Credo, anzi sono fondamentalmente certa, che il primo incontro con la musica sia avvenuto all’interno del grembo materno!
Mia mamma è sempre stata un’appassionata di musica: la ascoltava mentre svolgeva le faccende domestiche, la ballava in quelle che negli anni settanta erano le balere e cantava molto. Ha continuato a cantare anche per me: per farmi addormentare, per farmi giocare e persino per sdrammatizzare qualche sgridata.
Poi c’era lo zio materno, che suonava il clarinetto nella banda e che io adoravo ascoltare tutte le volte che andavo a trovare i nonni. A sette anni ho chiesto a Santa Lucia di portarmi una tastiera…ed è arrivata!
Due ottave e mezza di tasti assolutamente non pesati della Bontempi, di quelle con la possibilità di registrare breve sequenze di ciò che veniva suonato. Per me era la fine del mondo.
A dodici anni, lo stesso zio materno mi ha chiesto cosa desiderassi per il compleanno e io ho risposto “La musicassetta con Le quattro stagioni di Vivaldi!”.
Ovviamente è arrivata anche la fatidica richiesta avanzata verso i miei genitori: “Posso andare a lezione di pianoforte?” Niente da fare, le possibilità economiche non erano delle migliori e oltre a me c’erano altri due fratelli. Tranquilli…niente melodrammi, probabilmente doveva andare così. Fatto sta che nel frattempo la musica l’ho più ascoltata che eseguita. Fino a che non ho iniziato a lavorare e a potermi pagare le lezioni. C’è da dire che arrivata a quel punto della mia vita i miei gusti musicali si erano estesi anche ad altri generi e dopo aver ascoltato “Refuse Resist” dei Sepultura (gruppo metal brasiliano) ho deciso di imparare a suonare il basso elettrico!

Dal momento in cui ho avuto la possibilità di imparare a suonare seriamente uno strumento, la scelta è andata sul basso. Inizialmente avevo tentato con la chitarra ma la sonorità non era abbastanza grave per i miei gusti.
Per quanto riguarda il metodo di studio, ho trovato molto utili i manuali di Maurizio Anesa. Ho inoltre frequentato lezioni da maestri privati e presso accademie musicali.
Anche se il basso elettrico è il mio strumento, ho deciso di non fermarmi li. All’interno dei laboratori che conduco con i bambini utilizzo moltissimo le percussioni, soprattutto tamburi a cornice e djembè. Accompagno alcune canzoni con la chitarra acustica e grazie alla pazienza di Rosangela sto introducendo sempre di più l’arpa celtica.
Mi sembra poi doveroso citare un’altra persona che per me ha rappresentato una svolta fondamentale per quanto riguarda l’approccio agli strumenti musicali, ovvero Sonia Simonazzi, ideatrice del Metodo Ritmìa (di cui ci sarà occasione di parlare).
Grazie al suo metodo ho capito quanto sia importante l’utilizzo del corpo e del respiro mentre si suona e soprattutto quale deve essere l’atteggiamento che si mette in atto suonando: sorridente, accogliente e in ascolto.

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