lunedì 4 marzo 2013

Alcune riflessioni sul workshop di Janet Harbison




E' passato ormai un mese e molte sono le riflessioni che ho fatto e ricevuto dagli allievi del corso.
Le pubblico pensando che possano essere utili anche hai lettori di blogarpa.
Breve premessa su cosa sono e a cosa servono questi "benedetti" Workshop.
Oggi la parola è di moda e non si usano più i sinonimi italiani quali: laboratorio, convegno, seminario, gruppo di studio…
Ci sono Workshop lampo di un giorno o workshop di più giorni; alcuni che ti permettono di incontrare un insegnante che poi non rivedrai mai più (magari perché abita dall'altra parte del mondo) e altri che si ripetono ciclicamente con lo stesso insegnante.
Noi del corso era la prima volta che incontravamo Janet di persona. Alcuni di noi avevano conosciuto un po' il suo metodo avendolo appreso attraverso i suoi libri e avendo partecipato ad altri due corsi con una delle sue migliori allieve Gràinne Hambly. Per altri era veramente una sorpresa.

Gli allievi del laboratorio di Romano di Lombardia provenivano da esperienze assai diverse e per Janet Harbison non è stato per niente facile organizzare i momenti di studio facendo in modo che tutti potessero parteciparvi attivamente ciascuno secondo il proprio grado di preparazione.
Prima del corso avevamo spedito a Janet una scaletta di argomenti che ci interessavano e le avevamo dato un quadro approssimativo delle competenze degli iscritti.
Ecco la scaletta

- Iniziando dalle basi: posizione delle mani e movimento delle dita

- Approfondimento del metodo di Janet Harbison per apprendere ad orecchio attraverso i brani.

- O’Carolan e “sean nos” (il vecchio stile) della musica per arpa.

- Consigli sul metodo di studio, lo sviluppo della velocità e l'abilità di preparare un proprio repertorio e come tenerlo pronto.

- Gli accompagnamenti nelle sessions

Come potete constatare la carrellata di argomenti era talmente nutrita che il laboratorio sarebbe dovuto durare almeno un mese…


Ma è prerogativa dei Workshop quella di dare una infarinatura generale in modo da cominciare a conoscere il metodo e avere riferimenti per poterlo eventualmente approfondire in seguito, se ritenuto valido. L'insegnante di un workshop deve quindi conoscere in profondità la sua materia tanto da sapere cosa è possibile insegnare in poco tempo e che sia efficace e fruibile da un gran numero di persone che hanno di solito competenze e background assai diversi. E' un lavoro difficilissimo.

Al corso di Romano di Lombardia erano tutti adulti a parte una ragazza di 12 anni.
C'erano due arpisti che fanno dell'arpa la loro professione (un arpista celtico e un'arpista classica), e gli altri sono persone che suonano l'arpa per il proprio piacere personale e provengono da scuole e percorsi assai diversi tra loro.
Solo tre persone si conoscevano da tempo mentre le altre si sono incontrate e conosciute in occasione del corso.

Il primo giorno Janet ha lavorato con quattro allievi e l'argomento principe delle lezioni è stata la postura all'arpa e la posizione delle mani. Tutto inizia da lì: è l'imprinting che dà il via a tutta la successiva esperienza del suonare.
Janet è partita subito con la pratica. Niente discorsi teorici astratti.

Non ha fatto nessun accenno a volerci ascoltare uno per uno e così come riuscivamo ci siamo infilati nella musica.
Che musica? Delle semplici scale discendenti che lei ha chiamato Chimes e che fanno parte di alcuni esercizi tecnici proposti nel suo metodo.
Queste semplici Chimes si sono trasformate in breve tempo in un carosello divertente: chi poteva faceva accordi, chi non riusciva di più si impegnava nella scala e lei con semplicità fioriva e ritmava il tutto.
Tutto con un ritmo divertente.
Ogni tanto, buttando il suo occhio clinico ben allenato sulle nostre mani, dava consigli sulla postura, sull'altezza della sedia, sulla posizione della mano, delle braccia e delle dita.
Oppure suggeriva accordi e bassi di accompagnamento.

Fare tecnica tutti insieme è molto divertente: altro che fare ore di esercizi snervanti in solitudine!!!

Dopo questo fuoco d'artificio Janet aveva capito molto delle nostre capacità e delle nostre esigenze individuali. Abbiamo proseguito in due gruppi separati.
Mentre seguiva un gruppo l'altro aveva un compito da fare e tutto sempre molto stimolante.

Questo è stato possibile vista la sua pluriennale esperienza di insegnamento di gruppo e per il fatto che al massimo il gruppo era di sole 8 persone.
In workshop più numerosi questo sarebbe stato impossibile.

Il giorno dopo eravamo al completo.
Il "ciclone" Janet permetteva solo un momento per riflettere sulle posizioni e poi, trascinandoci nella musica, faceva in modo che la nostra mente lasciasse più spazio all'istinto di imitazione.

Spesso la mente è più un impedimento che un aiuto quando si tratta di imparare i movimenti di dita e mani e la parte "segreta" di noi ci aiuta meglio in questa fase d'apprendimento. Questo è un fondamento del suo metodo.
Come si sa è molto più difficile correggere che imparare da zero, ma chi è pronto a lasciarsi guidare da mani esperte con fiducia riesce di sicuro a migliorare.

Altri argomenti sono stati trattati un po' nei gruppi separati e un po' tutti insieme. Mentre proponeva frammenti di danze insegnava come aggiungere diversi tipi di basso o alcune variazioni alla melodia. Il punto era capire come studiare ed evolversi attraverso un metodo graduale e preciso. Ci ha mostrato anche come apprendere l'improvvisazione. Ci sono passi graduali che ti portano ad aggiungere elementi musicali man mano che la tua tecnica e la tua sicurezza si affinano.
Tra un esercizio e l'altro alle volte per farci riposare, Janet ci ha raccontato molti aneddoti ed esperienze della sua vita musicale: delle sue coetanee in carriera, dei concorsi, delle sue esperienze nelle famose session, di quanto le fosse stato d'aiuto l'arpista del famoso gruppo dei Chiefthains Derek Bell, delle inevitabili diatribe tra le grandi dell'arpa irlandese.

Molte di queste conversazioni proseguivano nella pausa pranzo che si faceva tutti insieme e lì anche tra noi ci siamo scambiati idee e pensieri.

L'ultimo aspetto di cui si è fatta esperienza è stato il suonare insieme in pubblico. Per il concerto di sabato sera si era stabilito che fosse solo Janet a suonare. Volevamo ammirarla ed ascoltarla all'opera. Lei, a dire il vero, ci aveva proposto con anticipo alcuni brani arrangiati da lei spedendoci le parti via mail, ma nessuno se l'era sentita di studiarli da soli prima del corso .
Anche l'ipotesi di studiare uno o due brani con lei da eseguire in concerto era stata scartata perché pensavamo ci avrebbe portato via tempo alle lezioni.
Suonare in pubblico per molti è uno scoglio assai duro sia per la richiesta di precisione tecnica che per il controllo delle emozioni.
Già venerdì pomeriggio però Janet ci ha riproposto l'idea di fare qualche brano insieme. Abbiamo lasciato fare a lei. Un brano che alcuni di noi già avevano letto è stato possibile eseguirlo con lo spirito del piacere di suonare insieme piuttosto che di farne un'esecuzione da manuale. In fondo, al concerto erano state invitate poche persone: parenti e amici nostri e il tutto si è svolto con molta simpatia e familiarità.
Abbiamo persino cantato Molly Malone accompagnati da lei facendoci un sacco di risate. Ah, vi ricordo che cantava anche il pubblico!!!

Il bello dello spirito della musica tradizionale irlandese è proprio questo recupero del far musica insieme per divertimento. Attenzione però: questo non vuol dire suonare come viene viene!!!!
Per intenderci, non come succede ancora in qualche banda amatoriale dove le note sbagliate e una certa pressapochezza del ritmo fanno parte del gioco. Si può suonare e cantare insieme col gusto di fare bene: solo l'accortezza di non azzardare cose troppo difficili da ciò che si è imparato e avere il gusto del bello anche nelle esecuzioni tra "amici".

Janet, sin dalle basi, sin dai primi approcci all'arpa, pretende che s'impari una buona impostazione (che permette davvero di divertirsi suonando) e una grande precisione ritmica.
Un mio collega musicista che è stato quest'estate in vacanza in Irlanda mi ha raccontato che davvero in molti paesini sperduti ci sono locali dove si fa musica dal vivo. Anche lì naturalmente come dappertutto, in alcuni la si fa bene in altri il "boccale di birra" prevale sull'intonazione e il ritmo!....

Finito il corso mi sembravano tutti contenti, magari pensierosi su alcuni consigli che erano stati dati, ma contenti.

Dopo diversi giorni sono poi sorte alcune perplessità da parte di qualcuno. Dubbi sul fatto che molte delle cose fatte durante il workshop fossero sfumate nella memoria oppure dubbi sul fatto che altre cose erano del tutto diverse da quelle praticate normalmente.

Come insegnante credo che proporre ad un allievo giovane di seguire un workshop sia molto utile, ma l'insegnante stesso dovrebbe preparare prima e seguire dopo lo sviluppo delle esperienze fatte.
Per gli adulti è un poco diverso. Varrebbe lo stesso principio se l'adulto avesse un insegnante di riferimento certo e sicuro con il quale ha instaurato un buon rapporto di fiducia reciproca. Se invece l'adulto si organizza da solo per cercare esperienze nuove (magari perché in quelle vecchie non si trova troppo bene) deve mettere in conto, se non ha una grande esperienza musicale alle spalle, che queste possono creare al primo momento degli sconvolgimenti.
Personalmente sono convinta che queste novità non possano che alle lunga produrre effetti positivi utili per crescere.

Ripeto, per me è stato un corso molto proficuo. Ho anche avuto modo di conoscere il metodo proposto dalla sua creatrice e da un sua allieva con le inevitabili differenze. Trovo molte delle situazioni e principi proponibili anche per un insegnamento dell'arpa celtica che si voglia comunque mantenere equidistante tra la tradizione prettamente irlandese e gli altri repertori praticabili. Sicuramente quello di Janet Harbison è un metodo che avrà futuro e molti sviluppi.

Un grazie di cuore a Janet per la sua professionalità e simpatia.
Un grazie anche a tutti i partecipanti che sono riusciti a creare un bel gruppo di lavoro. 

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