E' passato ormai un mese e molte sono le riflessioni che ho
fatto e ricevuto dagli allievi del corso.
Le pubblico pensando che possano essere utili anche hai
lettori di blogarpa.
Breve premessa su cosa sono e a cosa servono questi
"benedetti" Workshop.
Oggi la parola è di moda e non si usano più i sinonimi
italiani quali: laboratorio, convegno, seminario, gruppo di studio…
Ci sono Workshop lampo di un giorno o workshop di più
giorni; alcuni che ti permettono di incontrare un insegnante che poi non
rivedrai mai più (magari perché abita dall'altra parte del mondo) e altri che
si ripetono ciclicamente con lo stesso insegnante.
Noi del corso era la prima volta che incontravamo Janet di
persona. Alcuni di noi avevano conosciuto un po' il suo metodo avendolo appreso
attraverso i suoi libri e avendo partecipato ad altri due corsi con una delle
sue migliori allieve Gràinne Hambly. Per altri era veramente una sorpresa.
Gli allievi del laboratorio di Romano di Lombardia
provenivano da esperienze assai diverse e per Janet Harbison non è stato per
niente facile organizzare i momenti di studio facendo in modo che tutti
potessero parteciparvi attivamente ciascuno secondo il proprio grado di
preparazione.
Prima del corso avevamo spedito a Janet una scaletta di
argomenti che ci interessavano e le avevamo dato un quadro approssimativo delle
competenze degli iscritti.
Ecco la scaletta
- Iniziando dalle basi: posizione delle mani e movimento
delle dita
- Approfondimento del metodo di Janet Harbison per
apprendere ad orecchio attraverso i brani.
- O’Carolan e “sean nos” (il vecchio stile) della musica per
arpa.
- Consigli sul metodo di studio, lo sviluppo della velocità
e l'abilità di preparare un proprio repertorio e come tenerlo pronto.
- Gli accompagnamenti nelle sessions
Come potete constatare la carrellata di argomenti era
talmente nutrita che il laboratorio sarebbe dovuto durare almeno un mese…
Ma è prerogativa dei Workshop quella di dare una
infarinatura generale in modo da cominciare a conoscere il metodo e avere
riferimenti per poterlo eventualmente approfondire in seguito, se ritenuto
valido. L'insegnante di un workshop deve quindi conoscere in profondità la sua
materia tanto da sapere cosa è possibile insegnare in poco tempo e che sia
efficace e fruibile da un gran numero di persone che hanno di solito competenze
e background assai diversi. E' un lavoro difficilissimo.
Al corso di Romano di Lombardia erano tutti adulti a parte
una ragazza di 12 anni.
C'erano due arpisti che fanno dell'arpa la loro professione
(un arpista celtico e un'arpista classica), e gli altri sono persone che
suonano l'arpa per il proprio piacere personale e provengono da scuole e
percorsi assai diversi tra loro.
Solo tre persone si conoscevano da tempo mentre le altre si
sono incontrate e conosciute in occasione del corso.
Il primo giorno Janet ha lavorato con quattro allievi e
l'argomento principe delle lezioni è stata la postura all'arpa e la posizione
delle mani. Tutto inizia da lì: è l'imprinting che dà il via a tutta la
successiva esperienza del suonare.
Janet è partita subito con la pratica. Niente discorsi
teorici astratti.
Non ha fatto nessun accenno a volerci ascoltare uno per uno
e così come riuscivamo ci siamo infilati nella musica.
Che musica? Delle semplici scale discendenti che lei ha
chiamato Chimes e che fanno parte di alcuni esercizi tecnici proposti nel suo
metodo.
Queste semplici Chimes si sono trasformate in breve tempo in
un carosello divertente: chi poteva faceva accordi, chi non riusciva di più si
impegnava nella scala e lei con semplicità fioriva e ritmava il tutto.
Tutto con un ritmo divertente.
Ogni tanto, buttando il suo occhio clinico ben allenato
sulle nostre mani, dava consigli sulla postura, sull'altezza della sedia, sulla
posizione della mano, delle braccia e delle dita.
Oppure suggeriva accordi e bassi di accompagnamento.
Fare tecnica tutti insieme è molto divertente: altro che
fare ore di esercizi snervanti in solitudine!!!
Dopo questo fuoco d'artificio Janet aveva capito molto delle
nostre capacità e delle nostre esigenze individuali. Abbiamo proseguito in due
gruppi separati.
Mentre seguiva un gruppo l'altro aveva un compito da fare e
tutto sempre molto stimolante.
Questo è stato possibile vista la sua pluriennale esperienza
di insegnamento di gruppo e per il fatto che al massimo il gruppo era di sole 8
persone.
In workshop più numerosi questo sarebbe stato impossibile.
Il giorno dopo eravamo al completo.
Il "ciclone" Janet permetteva solo un momento per
riflettere sulle posizioni e poi, trascinandoci nella musica, faceva in modo
che la nostra mente lasciasse più spazio all'istinto di imitazione.
Spesso la mente è più un impedimento che un aiuto quando si
tratta di imparare i movimenti di dita e mani e la parte "segreta" di
noi ci aiuta meglio in questa fase d'apprendimento. Questo è un fondamento del
suo metodo.
Come si sa è molto più difficile correggere che imparare da
zero, ma chi è pronto a lasciarsi guidare da mani esperte con fiducia riesce di
sicuro a migliorare.
Altri argomenti sono stati trattati un po' nei gruppi
separati e un po' tutti insieme. Mentre proponeva frammenti di danze insegnava
come aggiungere diversi tipi di basso o alcune variazioni alla melodia. Il
punto era capire come studiare ed evolversi attraverso un metodo graduale e
preciso. Ci ha mostrato anche come apprendere l'improvvisazione. Ci sono passi
graduali che ti portano ad aggiungere elementi musicali man mano che la tua
tecnica e la tua sicurezza si affinano.
Tra un esercizio e l'altro alle volte per farci riposare,
Janet ci ha raccontato molti aneddoti ed esperienze della sua vita musicale:
delle sue coetanee in carriera, dei concorsi, delle sue esperienze nelle famose
session, di quanto le fosse stato d'aiuto l'arpista del famoso gruppo dei
Chiefthains Derek Bell, delle inevitabili diatribe tra le grandi dell'arpa
irlandese.
Molte di queste conversazioni proseguivano nella pausa
pranzo che si faceva tutti insieme e lì anche tra noi ci siamo scambiati idee e
pensieri.
L'ultimo aspetto di cui si è fatta esperienza è stato il
suonare insieme in pubblico. Per il concerto di sabato sera si era stabilito
che fosse solo Janet a suonare. Volevamo ammirarla ed ascoltarla all'opera.
Lei, a dire il vero, ci aveva proposto con anticipo alcuni brani arrangiati da
lei spedendoci le parti via mail, ma nessuno se l'era sentita di studiarli da
soli prima del corso .
Anche l'ipotesi di studiare uno o due brani con lei da
eseguire in concerto era stata scartata perché pensavamo ci avrebbe portato via
tempo alle lezioni.
Suonare in pubblico per molti è uno scoglio assai duro sia
per la richiesta di precisione tecnica che per il controllo delle emozioni.
Già venerdì pomeriggio però Janet ci ha riproposto l'idea di
fare qualche brano insieme. Abbiamo lasciato fare a lei. Un brano che alcuni di
noi già avevano letto è stato possibile eseguirlo con lo spirito del piacere di
suonare insieme piuttosto che di farne un'esecuzione da manuale. In fondo, al
concerto erano state invitate poche persone: parenti e amici nostri e il tutto
si è svolto con molta simpatia e familiarità.
Abbiamo persino cantato Molly Malone accompagnati da lei facendoci un sacco di risate. Ah,
vi ricordo che cantava anche il pubblico!!!
Il bello dello spirito della musica tradizionale irlandese è
proprio questo recupero del far musica insieme per divertimento. Attenzione
però: questo non vuol dire suonare come viene viene!!!!
Per intenderci, non come succede ancora in qualche banda
amatoriale dove le note sbagliate e una certa pressapochezza del ritmo fanno
parte del gioco. Si può suonare e cantare insieme col gusto di fare bene: solo
l'accortezza di non azzardare cose troppo difficili da ciò che si è imparato e
avere il gusto del bello anche nelle esecuzioni tra "amici".
Janet, sin dalle basi, sin dai primi approcci all'arpa,
pretende che s'impari una buona impostazione (che permette davvero di
divertirsi suonando) e una grande precisione ritmica.
Un mio collega musicista che è stato quest'estate in vacanza
in Irlanda mi ha raccontato che davvero in molti paesini sperduti ci sono
locali dove si fa musica dal vivo. Anche lì naturalmente come dappertutto, in
alcuni la si fa bene in altri il "boccale di birra" prevale
sull'intonazione e il ritmo!....
Finito il corso mi sembravano tutti contenti, magari
pensierosi su alcuni consigli che erano stati dati, ma contenti.
Dopo diversi giorni sono poi sorte alcune perplessità da
parte di qualcuno. Dubbi sul fatto che molte delle cose fatte durante il
workshop fossero sfumate nella memoria oppure dubbi sul fatto che altre cose
erano del tutto diverse da quelle praticate normalmente.
Come insegnante credo che proporre ad un allievo giovane di
seguire un workshop sia molto utile, ma l'insegnante stesso dovrebbe preparare
prima e seguire dopo lo sviluppo delle esperienze fatte.
Per gli adulti è un poco diverso. Varrebbe lo stesso
principio se l'adulto avesse un insegnante di riferimento certo e sicuro con il
quale ha instaurato un buon rapporto di fiducia reciproca. Se invece l'adulto
si organizza da solo per cercare esperienze nuove (magari perché in quelle
vecchie non si trova troppo bene) deve
mettere in conto, se non ha una grande esperienza musicale alle spalle, che
queste possono creare al primo momento degli sconvolgimenti.
Personalmente sono convinta che queste novità non possano
che alle lunga produrre effetti positivi utili per crescere.
Ripeto, per me è stato un corso molto proficuo. Ho anche
avuto modo di conoscere il metodo proposto dalla sua creatrice e da un sua allieva
con le inevitabili differenze. Trovo molte delle situazioni e principi
proponibili anche per un insegnamento dell'arpa celtica che si voglia comunque
mantenere equidistante tra la tradizione prettamente irlandese e gli altri
repertori praticabili. Sicuramente quello di Janet Harbison è un metodo che
avrà futuro e molti sviluppi.
Un grazie di cuore a Janet per la sua professionalità e
simpatia.
Un grazie anche a tutti i partecipanti che sono riusciti a
creare un bel gruppo di lavoro.
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