Inviato da Harpo il Ven, 12/04/2009
In occasione della presentazione del suo libro "L'arpa moderna. La scrittura e la notazione, lo strumento e il repertorio dal '500 alla contemporaneità" che si terrà a Milano il 12 dicembre nella VI° manifestazione "L'arpa rinascita di una cultura" conosciamo meglio Lucia Bova attraverso un'intervista.
Ecco alcuni dati biografici.
Lucia ha compiuto gli studi d'arpa dapprima in Italia e poi a Nizza (Francia) dove ha ottenuto nel 1990 il "Premier Prix à l'Unanimité", il diploma francese con il massimo dei voti e la lode.
Ha dato concerti presso prestigiose istituzioni concertistiche italiane, europee e americane, molte delle quali specificamente dedicate alla musica contemporanea alla quale Lucia ha da sempre prestato molta attenzione interpretando i brani più significativi del repertorio del '900 e curando la prima esecuzione assoluta di diverse composizioni, alcune delle quali scritte espressamente per lei.
Lucia Bova vanta anche un'assidua esperienza con importanti istituzioni sinfoniche e liriche. Ha partecipato nel ruolo di prima arpa alle produzioni dell'Orchestra "A. Scarlatti" della RAI di Napoli dal 1989 al 1992. Dal 1994 al 1996 ha collaborato, sempre come prima arpa, con l'Orchestra Sinfonica dell'Emilia Romagna "A. Toscanini" di Parma, esibendosi anche come solista nel Teatro Regio di quella città. E dal 1998 al 2005 ha collaborato con l’Orchestra Roma Sinfonietta, particolarmente nei concerti diretti dal M° Ennio Morricone in numerose città italiane (Verona, Milano, Firenze, Lecce, Pesaro, Napoli, Roma) ed estere (Londra, Parigi, Tokio, Osaka, Lisbona, Bilbao, Atene).
Ha effettuato incisioni discografiche sia da solista che in ensemble per EMI, BMG Ricordi, Universal, EDI-Pan, CD Capstone Records (New York), CD Neuma (Boston), Label Bleu (Francia), Pro-Viva di Monaco, Edizioni Musicali Valdom.
Con il Polimnia Ensemble ha registrato un Compact-Disc pubblicato nel 2001 dalla rivista "Musicalia" interamente dedicato a compositori russi dell'Ottocento. Nel Dicembre 2002 le Edizioni Bongiovanni hanno pubblicato un suo Compact-Disc dal titolo Il Settecento colto e galante dedicato al repertorio inedito o poco conosciuto per arpa sola.
Negli ultimi anni ha effettuato altre incisioni pregevoli sia come solista che in gruppi da camera per la realizzazione di compact disc monografici dedicati ad autori contemporanei quali Hans Werner Henze, Fernando Mencherini, Riccardo Bianchini, James Dashow, Maurizio Giri, Giorgio Battistelli e Gianluca Podio.
Alla fine del 2008 le Edizioni Suvini Zerboni hanno pubblicato il suo libro sul repertorio e la scrittura per arpa nella musica dal Cinquecento ad oggi dal titolo "L'arpa moderna".
Dal 1999 insegna nei Conservatori ed è attualmente titolare della cattedra di Arpa presso il Conservatorio di Musica "Niccolò Piccinni" di Bari.
"Questa è la domanda di rito che faccio sempre a tutti gli arpisti intervistati per blogarpa: "Cosa ti ha spinto a suonare l'arpa?"
Quando e perché hai deciso di suonare l'arpa?
Ero una bambina timida e soprattutto introversa ed ho sempre tentato di vincere il mio carattere cercando delle occasioni che in un certo senso mi costringessero ad esprimere ciò che non riuscivo ad esternare spontaneamente. Per questo motivo da bambina cantavo, partecipando anche a piccoli concorsi, ballavo e partecipavo a recite scolastiche. Durante questa fase di ricerca di un "mezzo" di espressione ho studiato per diversi anni il pianoforte ed ho tenuto il mio primo piccolo concerto in pubblico all'età di 9 anni. Nessuna di queste esperienze, compreso lo studio del pianoforte, riuscì a soddisfarmi, mentre la scoperta dell'arpa rappresentò una vera rivoluzione per la mia vita. Ho dedicato a questo strumento la maggior parte del mio tempo e della mia esistenza senza mai pentirmene: anzi, spesso ho pensato che se non ci fosse stato questo grandissimo amore per l'arpa in momenti difficili della mia esistenza forse sarei diventata una persona diversa da quella che sono, e forse mi piacerei un po' meno. Credo di essermi innamorata dell'arpa perché ho creato immediatamente un rapporto simbiotico con questo strumento: il fatto che debba essere letteralmente abbracciato per essere suonato, che timbri, colori e dinamiche si producano toccando direttamente le corde, senza la mediazione di martelletti, archetti o altro, mi ha fatto percepire questo strumento immediatamente come una parte di me, un prolungamento della mia anima, un'estensione del mio corpo. Spesso, scherzando (ma non troppo!) dico: la mia arpa sono io, chi tratta male la mia arpa tratta male me.
Molta parte delle tua attività è stata ed è dedicata alla musica contemporanea, interpretando anche brani scritti per te. Che tipo di riscontro hai di questa produzione nei confronti del pubblico? Il pubblico che ti segue è un pubblico d'esperti e di "addetti ai lavori" o c'è un seguito più popolare?
Ho l'impressione che la musica classica in genere non abbia un seguito "popolare": le ragioni sono tante e a mio avviso risiedono soprattutto nella mancanza di attenzione nei confronti della cultura musicale. In altri paesi europei non è così e ciò dimostra che la "colpa" della scarsa affezione del pubblico non è da attribuire ai musicisti e agli operatori del settore ma a chi fa scelte (o non-scelte) a proposito degli investimenti sulla cultura in generale e sull'arte in particolare. In un paese dove nella scuola dell'obbligo si prevede solo lo studio della Storia dell'Arte (sacrosanto non fraintendetemi!) e non la Storia della Musica non c'è da meravigliarsi se le sale dei concerti sono poco frequentate. Troppo spesso il cittadino italiano non ha alcun tipo di educazione musicale e non è abituato a concentrarsi sull'ascolto della musica: riesce a pensare alla musica solo come "sottofondo" che deve accompagnare altre attività, oppure come commento ad immagini, all'arte visiva, come avviene per il teatro e per il cinema.
Il repertorio contemporaneo non sfugge a questo genere di problemi, ma essendo estremamente variegato attira quantità di pubblico estremamente variabili: non dimentichiamo che musicisti come Ennio Morricone, Nicola Piovani e Luis Bacalov (con i quali ho avuto il piacere e la fortuna di lavorare!) sono compositori "contemporanei" che riempiono gli stadi. Altri compositori lavorano su un linguaggio di comunicazione con il pubblico elaborando stili che si riferiscono ad esperienze jazz, a repertori etnici o extra-europei, e trovano un grosso riscontro.
Se per musica contemporanea però vogliamo intendere la musica di "ricerca" e di "sperimentazione" come ad esempio quella di grandi compositori che ormai appartengono alla grande storia della musica e quindi anche del repertorio arpistico come Luciano Berio, Goffredo Petrassi o Franco Donatoni, c'è un pubblico di appassionati di arte "contemporanea" molto attento. Le sale dei concerti sono frequentate oltre che da compositori ed interpreti, da pittori, scultori, poeti, attori e registi che desiderano seguire le evoluzioni del linguaggio musicale libero dalle sovrastrutture del passato. Certamente il pubblico di questo tipo di repertorio è un pubblico consapevole e preparato che non vede nella musica e nell'ascolto di un concerto solo una forma di intrattenimento inconsapevole ed istintivo, ma intende l'ascolto della musica come attiva partecipazione ad un momento di arte e di cultura che implica conoscenze ed approfondimenti preliminari, nonché curiosità e disponibilità verso le nuove espressioni degli artisti di oggi.
La tua pubblicazione "L'arpa moderna" a chi è rivolto. Hai immaginato una destinazione particolare o è adatto anche agli appassionati che vogliono scoprire la storia dello strumento?
Il volume di 636 pagine, illustrato da centinaia di esempi tratti dalle partiture più importanti del repertorio arpistico è sostanzialmente diviso in tre parti. La prima parte, molto importante, si concentra sulla storia del repertorio e sullo sviluppo di una scrittura sempre più consapevole delle caratteristiche strumentali, delle particolarità timbrico-dinamiche dello strumento e delle possibilità tecniche degli interpreti. Questa parte si rivolge a tutti gli appassionati di arpa e a coloro che intendano approfondire la storia del repertorio arpistico (storici e musicologi ad esempio) perché si tratta di un percorso storico tracciato all'interno della Grande Storia della musica. Ho voluto dimostrare che l'arpa non è uno strumento con una storia ed un repertorio "a parte", o per così dire "minori", ma che al contrario, pur avendo vissuto dei momenti di difficoltà, è sempre stata in grado di ritagliarsi un proprio spazio di tutto rispetto all'interno di stili, repertori e linguaggi di tutte le epoche. Gli estimatori dell'arpa nel leggere i capitoli storici del mio libro potranno fare delle scoperte molto interessanti per esempio a proposito dell'importanza di figure quali Elias Parish Alvars o Carlos Salzedo.
La seconda e la terza parte del volume sono più tecniche e si rivolgono soprattutto agli studenti di arpa e di composizione, ma anche ai professionisti che intendano approfondire le proprie conoscenze sulla scrittura tradizionale o sperimentale per arpa e sul suo repertorio più recente. Nella seconda parte mi sono concentrata sulla conoscenza dello strumento nei suoi aspetti organologici e strutturali, e sulla spiegazione della tecnica esecutiva tradizionale. Nella terza parte ho trattato i nuovi modi di produzione del suono spiegando come si producono, quali escamotage si possono adottare per risolvere eventuali problemi di ordine tecnico o compositivo, in che modo risultano più efficaci, cosa va evitato e perché, che tipo di risultato timbrico-dinamico si ottiene, ed ho mostrato come sono stati usati da numerosissimi compositori contemporanei.
In qualità di docente di Conservatorio come vedi il futuro dello studio dell'arpa connesso con la riforma in atto nei conservatori italiani?
Credo che la Riforma offra un'ottima opportunità di rinnovamento. Ciò di cui si sentiva la mancanza è di un percorso di studi più "realistico", cioè più aggiornato rispetto alle vicende della musica del '900, ma anche più in linea con le vere esigenze del mercato del lavoro. Con la Riforma i programmi possono essere "ritagliati" sulla base delle qualità e dei reali interessi degli allievi, delle loro capacità nonché sulla base di ciò che realmente si richiede ad un musicista oggi. In linea di principio sarei anche favorevole all'idea che le materie "tecniche" siano affiancate da materie teoriche che aiutino ad allargare lo sguardo sulla profesione del musicista. Credo che più che di strumentisti sempre più abili dal punto di vista tecnico ci sia bisogno oggi di personalità a tutto tondo, con molte ed elevate competenze, in grado di comprendere e rispondere adeguatamente alle richieste di professionalità che ci vengono rivolte. In poche parole il lavoro c'è ma bisogna essere in grado di vedere e saper cogliere le opportunità che ci vengono offerte, senza ostinarsi cocciutamente nel perseguire un progetto che forse ha scarsissime probabilità di successo. In tal senso essere dei musicisti "illuminati" certamente può aiutare a non rinchiudersi nella propria "torre d'avorio" con le frustrazioni che ne conseguono. Purtroppo però temo che questa Riforma sia un'occasione totalmente sprecata: mi sembra assolutamente folle pensare di "rinnovare" un intero settore "a costo zero". Questo è il classico modo per far finta di fare qualcosa mantenendo tutto immutato (o quasi!). Gli operatori del settore stanno facendo letteralmente i salti mortali per adeguarsi alle nuove necessità del comparto ma se i nostri politici si ostineranno a non destinare finanziamenti per la Riforma e nel contempo a "tagliare" sistematicamente di anno in anno da un lato i fondi per l'AFAM e dall'altro i Fondi Unici dello Spettacolo, andremo incontro ad una catastrofe: un paese ricco di storia, di arte, di cultura, di potenzialità umane ed artistiche come l'Italia, non merita questo!! Sull'argomento avrei moltissimo da dire ma non mi sembra questa l'occasione migliore per farlo. Spero di avere in futuro un'altra opportunità per approfondire questi temi.
Avendo ottenuto il diploma in Francia che confronti puoi fare tra i programmi didattici francesi e quelli italiani?
Ho studiato al Conservatorio di Regione di Nizza con Elizabeth Fontan-Binoche. Non posso dirlo con certezza ma credo che lei non seguisse un programma didattico del tipo di quelli che abbiamo nei Conservatori italiani. Ho sempre avuto l'impressione che avesse ampissime possibilità di manovra in merito a cosa far o non far studiare agli allievi. Oltre all'estrema flessibilità dei programmi ho rilevato delle differenze importanti rispetto al percorso formativo italiano: innanzittutto a Nizza la lettura a prima vista era materia d'esame ogni anno, e nel corso dell'anno venivano effettuate ben due verifiche con votazione (mentre in Italia la verifica c'è solo al compimento inferiore). C'era addirittura un'altra docente oltre Madame Fontan-Binoche che aveva l'incarico di fare lezione di lettura a prima vista e le lezioni erano settimanali. Un'altra differenza a mio avviso importante sta nello studio del solfeggio: una materia concepita in maniera totalmente diversa dalla nostra in Italia, che dura ben 7 anni durante i quali si dedica molto tempo non solo all'educazione dell'orecchio, ma anche all'analisi armonica e stilistico-compositiva di capolavori del repertorio tradizionale e moderno o contemporaneo. In fine, dulcis in fundo, gli allievi di arpa avevano nel corso dell'anno numerose occasioni di verifica ed ogni volta su un programma diverso, preparato rigorosamente a memoria. I "saggi" pubblici erano due ed avevano luogo in un grande auditorium: uno a metà anno (verso gennaio-febbraio) e l'altro verso la fine (aprile-maggio). Pure gli esami erano due: il primo si teneva verso dicembre in forma privata con una commissione composta dal Direttore del Conservatorio e da docenti di altre materie, mentre il secondo si teneva alla fine di maggio nell'auditorium ed era aperto al pubblico. In questa occasione c'era pure un commissario esterno proveniente da un altro conservatorio. Gli allievi di arpa di Nizza quindi erano sempre "sotto pressione" ed allenati non solo al pubblico, ma soprattutto alla necessità di preparare programmi sempre diversi mantenendo uno standard di prestazione altissimo. A noi sembra una cosa possibile solo a pochi eppure la classe di Madame Fontan-Binoche aveva una trentina di allievi e tutti più o meno in grado di rispondere ad ottimi livelli: evidentemente crescendo con questa forma mentis questo tipo di risultati sono accessibili a molti, se non a tutti! A Bari, dove insegno, cerco di creare delle occasioni in cui gli allievi debbano esibirsi in concerto o per concorsi, e mi accorgo che hanno bisogno di questo genere di stimoli, che lavorano di più e meglio se sanno di avere un obiettivo da raggiungere a breve scadenza. Al contrario tendono ad adagiarsi se nell'immediato futuro non c'è un'occasione di verifica, se il loro studio non ha una finalità concreta.
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