Riflessioni sullo studio dell’arpa irlandese
Il primo corso d’arpa irlandese a cui partecipai fu con Gráinne Hambly nel 2009. Sapevo poco o nulla della musica irlandese e ancora meno del metodo ad apprendimento ad orecchio. Venne a Milano e il corso si tenne al Teatrino “La Scala della vita”.
Da quella volta, in collaborazione con Padre Marco, appassionato
d’arpa irlandese, abbiamo organizzato diversi laboratori ospitati nella mia
casa a Romano di Lombardia in provincia di Bergamo.
A differenza del primo laboratorio di Milano,
nell’organizzare i nostri corsi, decidemmo che i partecipanti non fossero
troppi per poter cogliere il più possibile da ogni esperienza ed evitare le
dispersioni legate ad un alto numero di partecipanti.
2009 settembre Gráinne Hambly a Milano
2012 gennaio Gráinne Hambly a Romano di Lombardia
2013 febbraio
Janet Harbison a Romano di Lombardia
2014 febbraio
Dearbhail Finnegan a Romano di Lombardia
2015 novembre da
Janet Harbison a Castleconnell – Limerick (una settimana di corso intensivo)
2017 gennaio
Dearbhail Finnegan a Romano di Lombardia
Nel corso degli anni abbiamo invitato tre delle più brave e
quotate arpiste irlandesi.
Janet Harbsion è
la caposcuola. Ha creato il metodo che ricalca la tradizione di trasmissione
orale del saper suonare e del repertorio e ha organizzato per prima l’Orchestra
d’arpe di Belfast nel 1988 producendosi con la
sua orchestra in tournée mondiali per 10 anni di intensa attività. Molti tra i
suoi migliori allievi suonano e insegnano in Irlanda e in tutto il mondo. Continua
a suonare e insegnare presso i suoi centri in Irlanda.
a Castleconnell da Janet Harbison con Padre Marco
Gráinne Hambly, una delle sue
migliori allieve, che fece esperienza proprio nell’orchestra d’arpe coinvolta
in molte tournée mondiali, oggi tiene regolarmente concerti e workshops negli
Stati Uniti da sola e in coppia con suo marito, William Jackson, polistrumentista
e suonatore di arpa scozzese. Fa parte del gruppo di lavoro presso
l’associazione Cairde nà Cruite, che
è l’associazione in Irlanda che si dedica alla diffusione dell’arpa irlandese
dal 1960.
Gráinne Hambly durante una lezione a Romano di Lombardia
Dearbhail Finnegan,
nata a Nobbber dove nacque Torlough O’Carolan, e cresciuta in una famiglia
immersa nella musica tradizionale, dal 1996 ha creato una scuola specializzata
all’insegnamento dell’arpa irlandese. Contemporaneamente si dedica alla
carriera solista che l’ha portata a suonare in tutto il mondo. Spesso in coppia
col marito flautista Robin Slater. Tieni regolarmente laboratori d’arpa celtica
in Italia e negli Stati Uniti e fa parte del gruppo docente di Cairde nà Cruite.
Dearbhail a Romano nel 2017
I link che vi ho segnalato riguardo ai corsi organizzati
fanno riferimento ad articoli che ho scritto sul mio blog, Blogarpa, nei quali
potrete leggere delle varie esperienze.
Oltre alle riflessioni che trovate via via negli articoli,
mi interessa ora fare delle considerazioni in sintesi su alcuni aspetti del
repertorio irlandese e sulla metodologia di apprendimento.
All’inizio della mia esperienza il metodo di apprendimento
ad orecchio era quanto di più distante da ciò che mi era stato insegnato al
conservatorio che iniziai a 11 anni con lo spartito sul leggio.
Tra l’altro, mi sentivo spesso ripetere con tono dispregiativo,
che suonare ad orecchio è da dilettanti!...
Altra grande diversità, per lo meno nella mia esperienza,
era la lezione individuale con l’insegnate seduta al mio fianco e che non ho
mai visto né sentito suonare.
Il metodo di apprendimento ad orecchio fa appello alla capacità
di ascolto e alla capacità di riconoscere i disegni melodici che poi si
riproducono sull’arpa con le diteggiature che devono essere precise.
L’insegnante suona il brano da capo a fondo a velocità normale, poi lo scompone
in disegni melodici che compongono le varie parti. Ripete i vari disegni con
precisione ritmica anche se più lentamente. Così facendo si ottiene il puzzle
melodico che viene ricordato suonandolo più volte. Quando una sezione è abbastanza
fluida con la mano destra, sia aggiungono elementi di accompagnamento con la
mano sinistra che possono essere molto semplici o più complicati a seconda
delle capacità dell’allievo.
Lo spartito non sempre viene dato, ma servirà solo in caso
ci siano dei vuoti di memoria quando si perfeziona a casa. Grainne Hambly
suggeriva di registrare e di seguire la traccia audio per studiare.
L’obbiettivo è quello di imparare a ricordare il più possibile la struttura e
gli elementi del brano senza l’ausilio dello spartito. Una volta appreso il
brano in base alla propria esperienza e capacità, si potrà rendere il brano
personale inserendo i propri abbellimenti nella melodia e i propri
arrangiamenti nella mano sinistra.
Nei laboratori che si organizzano invitando gli arpisti
irlandesi, di solito le lezioni sono di gruppo. Naturalmente questo si può fare
quando chi suona ha superato i primi stadi di impostazione delle dita
sull’arpa. I maestri sono abilissimi a far funzionare la lezione evitando di
puntualizzare i minimi particolari, insegnando l’ossatura del brano (melodia
con pochi abbellimenti per i principianti) e uno scarno accompagnamento. In
questi casi si impara ad ascoltare e a rimanere nel tempo facendo quello che si
riesce al momento. Chi è novizio scoprirà un mondo e poi con calma potrà perfezionare
il brano da solo ricordando i molti suggerimenti avuti al momento della
lezione. Chi invece è abituato a queste esperienze e ha già un buon livello
tecnico e di conoscenza del repertorio potrà confrontarsi con l’insegnante e
col gruppo per aggiungere nuovi abbellimenti e impostare un originale
arrangiamento.
Di sicuro sarebbe ancora più proficuo partecipare nel corso
dell’anno a più laboratori con lo stesso gruppo e lo stesso insegnate, così da
avere una guida sicura che segua passo dopo passo l’evoluzione degli allievi.
Purtroppo, spesso per ragioni economiche o perché non si riesce a far passare
questo messaggio, i vari laboratori che ho organizzato con Padre Marco, sono
stati seguiti per lo più da studenti sempre diversi.
Solo con alcune
persone sono riuscita a mantenere vivo l’interesse trovandoci qualche volta a
suonare insieme tra un work shop e l’altro. Non dispero per il futuro…
i corsisti del 2017 dopo il concerto
Il repertorio irlandese
Il repertorio irlandese per arpa è oggi composto da melodie
che vengono dalla tradizione antica (1600/1770/1800) e talune sono assai più
antiche ma tramandate a memoria che fanno parte di un repertorio specifico
dell’arpa, anche se questa non era la stessa di oggi. Ci sono brani
tradizionali cantati accompagnandosi con l’arpa e le danze che inizialmente non
erano quasi mai suonate dagli arpisti.
Dopo la seconda guerra mondiale gli arpisti irlandesi hanno
cominciato a suonare le danze tipiche della tradizione che di solito erano
suonate dal fiddle e dalla cornamusa irlandese e oggi gli arpisti le suonano
sia da soli che in gruppo. Queste danze, che sono molto schematiche, oltre ad
essere divertenti da suonare, sono molto utili per apprendere la tecnica. Janet
Harbison li usa nei suoi Tutors sin dall’inizio, considerandoli sia musica che
tecnica. I suonatori tradizionali di solito non usano la tecnica pura per
insegnare, ma insegnano a suonare utilizzando subito brani del loro repertorio.
Il corpo del repertorio tradizionale è musica che sentono sin da bambini sia in
famiglia che in situazioni di feste e eventi sociali e quindi lo schema ritmico
e armonico è già presente nella loro mente. Oggi non è sempre così anche in
Irlanda dove, per le nuove generazioni è arrivata la tecnologia a riempire le
giornate dei ragazzi (così mi dice Janet), ma di sicuro la musica tradizionale
e ancora molto, molto presente. Un suggerimento prezioso che diede Gráinne durante un suo laboratorio,
era quello di ascoltare il brano che si vuole imparare suonato da esperti
irlandesi di altri strumenti o gruppi particolarmente quotati per apprendere lo
stile e poi applicarlo al nostro strumento.
Altro aspetto del repertorio irlandese è il suonare in
gruppo.
Il suonare in gruppo nell’accezione irlandese è assai
diverso da ciò che significa suonare insieme nella musica da camera nell’accezione
classica. I gruppi di strumentisti che si ritrovano nei pub, adesso come 100
anni fa, suonano per il gusto di stare insieme e conoscono a memoria il
repertorio. I brani tradizionali vengono suonati con il rispetto della melodia
che, seppur fiorita, si deve sentire bene e molta importanza ha il ritmo. Non
ci sono trame contrappuntistiche da seguire né partiture con voci diverse per
ogni strumento.
La stessa logica viene applicata al gruppo d’arpe sebbene
queste siano strumenti polifonici e possano disporre anche
dell’accompagnamento. Quando Janet Harbison fa suonare i suoi allievi nelle
session mensili (esperienza che ha un’alta valenza didattica) fa in modo che
ognuno al proprio livello possa partecipare. Chi sa suonare solo la melodia,
chi sa accompagnare con gli accordi, chi riesce a metterci semplicemente un drone di base partecipa e impara ad
ascoltare gli altri e ad andare a tempo. Non c’è pericolo di sentirsi frustrati
perché ci si sente in mezzo alla musica con allegria, ciascuno con quello che
può dare.
Apro una parentesi. Mi è capitato di ascoltare o vedere le
partiture di gruppi d’arpe italiane che vogliono ricreare questo spirito, ma
molte di queste sono assai complicate e presuppongono abilità tecniche e di
lettura estemporanea dello spartito che raramente degli amatori che possono
dedicare poco tempo allo studio e hanno cominciato da adulti riusciranno a
suonare con tranquillità. Se poi si aggiunge il fatto che le “prove”
(nell’accezione irlandese non sono prove, ma momenti di incontro conviviale e
musicale) sono scarse per ovvi motivi di mancanza di tempo, molto spesso il
risultato è quello di creare disagio e stress e non gioia del suonare insieme.
Soprattutto se il gruppo e formato sia da arpisti giovani che studiano in
conservatorio da alcuni anni che da amatori. Succede la stessa cosa nelle bande
e nei cori amatoriali, quando i direttori pretendono di far eseguire brani
complicati e difficili che vanno oltre le capacità e le possibilità dei
partecipanti.
Sulla scorta di queste riflessioni su didattica e repertorio
posso dire che apprendere l’arpa a levette passando dal metodo tradizionale
irlandese e del suo repertorio è di sicuro molto divertente e proficuo sia per
i ragazzi che per gli adulti.
Il metodo Bosio/Suzuki ha mutuato molti degli aspetti del
trasmettere lo studio con l’approccio dell’ascolto e dell’imitazione solo che
qui la base rimane la musica classica. È importante anche per questo metodo
ascoltare molta musica e imitare gli insegnanti. Entrambi i metodi presuppongo
che gli allievi passino molto tempo ad ascoltare.
In entrambi i casi, sia che si affronti la musica colta o
che si suoni quella tradizionale, quando l’approccio allo strumento parte da un
background musicale povero, spesso diventa difficile trovare la chiave per un
apprendimento preciso ma divertente sin dai primi giorni di apprendimento dello
strumento.
Se il principiante vuole suonare l’arpa classica dovrà sin
dall’inizio appassionarsi al repertorio del proprio strumento e così farà se
vorrà suonare l’arpa irlandese. Quest’ultima, se non si vuole suonarla solo
come propedeutica all’arpa a pedali (dovendola poi abbandonare al massimo dopo
due anni in quanto strumento non adatto al repertorio della classica) è
fondamentale apprenderla col metodo tradizionale irlandese piuttosto che con il
metodo accademico.
Usando sulla celtica il metodo classico si possono avere
diversi inconvenienti. L’uso dello spartito prima ancora di sentire ciò che si
suona richiede impegno teorico molto noioso e poco intuitivo. Cercare di
“trovare” i ritmi sulla carta muta piuttosto che ascoltarli e imitarli è molto
complicato sia per i bambini che per gli adulti che non hanno mai fatto musica
prima. Leggere le note singole e associarle a movimenti sulla cordiera è più
macchinoso che individuare disegni melodici collegati a diteggiature ascoltando
e vedendo l’insegnante che li propone dal vivo vicino all’allievo.
Molto spesso si pensa che questo metodo poi inibisca del
tutto la possibilità di leggere la musica quando si avrà necessità e voglia di
affrontare altri repertori, ma questo non è vero.
Una volta avviata la pratica e l’esperienza del far musica
sullo strumento è più facile tramutare e trovare sulla carta ciò che si suona
di già. Sarà forse un poco più difficile riuscire a suonare leggendo a prima
vista, ma questo aspetto si potrà integrare se la persona che suona vorrà
svilupparlo per riuscire a suonare brani più complicati e articolati o passare
in seguito all’arpa a pedali. Naturalmente più si vuol salire di grado nelle
capacità esecutive, maggiore sarà l’impegno in ordine di tempo e qui si giunge allo
spartiacque fra il suonare per diletto nei ritagli di tempo e il professionista.
Attuando però le capacità di base con la tecnica ad orecchio
il divertimento è assicurato e raggiunto un buon grado di manualità l’amatore
potrà continuare a divertisti secondo le sue capacità, perché ha imparato la
base tecnica, il senso del ritmo e le basi dell’armonia sin dall’inizio senza
dover aspettare anni di noiosi solfeggi teorici, anni di tecnica e di brani
didattici di solito poco interessanti e spesso musicalmente insulsi.
Concludendo. Essendo consapevole che l’Italia non è
l’Irlanda e quindi l’humus culturale è notevolmente diverso, ritengo che il
repertorio irlandese, che non è poi così distante dal nostro gusto, potrebbe
essere insegnato in modo più organizzato, professionale e diffuso e potrebbe
portare molte persone a suonare l’arpa con beneficio anche di tutto il settore.
Il metodo di Janet Harbison (che ha trascritto e codificato nei suoi quattro Tutor)
e quello dei più importanti arpisti irlandesi che fanno capo all’Associazione
irlandese specializzata dell’arpa Cairde nà Cruite (di cui potete
trovare pubblicazioni) sono molto validi didatticamente e ormai rodati da oltre
40 di applicazione e i risultati sono lì da vedere.
Troverei assai utile che gli arpisti classici laureati nei
nuovi conservatori e che vorranno insegnare l’arpa professionalmente nelle
scuole di base (comunali, private, o altro…?) potessero dedicare un po’ di
tempo a capire e sperimentare questo aspetto perché avrebbero maggiori
possibilità di avere un’utenza diversificata ma motivata. Mi spiego meglio:
trovare molti allievi per l’arpa a pedali rimarrà sempre molto difficile, ma
insegnare l’arpa a levette come propedeutica alla classica creerà molti allievi
insoddisfatti che penseranno che la piccola arpa non possa vivere di luce
propria e non possa essere una degna compagna musicale per la vita.
Cominciare con uno strumento meno costoso, più facile da
traportare, più facile da utilizzare in ambiti meno colti allargherebbe di
sicuro il numero delle persone che si appassionerebbero all’arpa a patto di
trovare insegnanti capaci di modulare i diversi tipi di approccio didattico
seguendo le aspirazioni e le diverse possibilità di ognuno sin dall’inizio. L’accoppiata
esclusiva del Grossi - Pozzoli (ottimi per la classica e a piccole dosi mirate,
talvolta, anche per la celtica) per iniziare i principianti spesso risulta un
motivo deterrente a continuare! Tra l’altro, secondo la mia modesta esperienza,
molte degli aspetti teorici e pratici del mondo irlandese li ho integrati anche
nello studio personale e nell’insegnamento del campo classico con profitto.
Ultima precisazione: suonare l’arpa irlandese tradizionale
non è affatto né più semplice né meno artistico! Ci sono super arpisti anche
nel tradizionale che hanno raggiunto alte vette a cui aspirare, ma il suonare
un linguaggio musicale popolare può dare molta soddisfazione a chi non può (magari
per problemi economici) e non vuole aspirare al professionismo. E si potranno
aprire scenari ancora più ampi per chi si dedica al professionismo con l’arpa a
levette componendo nuovi brani e magari sviluppando in futuro nuovi generi.
Qualcuno lo sta già facendo con successo.
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