Come noto, Beethoven fu un grande
pianista e fu ritenuto tale dai contemporanei, anche se non dobbiamo
annoverarlo tra i “virtuosi” della sua epoca e anche se visse abbastanza a
lungo per riconoscere lealmente d’essere stato superato nella tecnica dai suoi allievi
come Ries e Czerny.
Al pari di Mozart, divenne
musicista davanti alla tastiera, esordì come ragazzo prodigio e dedicò al
pianoforte i primi saggi di composizione. Prima ancora che come compositore
Beethoven si affermerà come pianista quando, giovane ventenne, giunse a Vienna
e il suo trionfo culminerà nel marzo del 1795 quando si esibì in tre concerti
memorabili tenuti per tre giorni consecutivi in cui eseguì il Concerto in re minore di Mozart, Il
proprio Concerto in si bemolle, alcune
parti delle sonate op. 2 e varie improvvisazioni.
Il pianoforte era lo strumento
del futuro in quell’epoca. Diffuso presso i ceti borghesi in ascesa economica e
sociale, era destinato a rimpiazzare il clavicembalo e l’arpa nei salotti
patrizi.
Lo compresero benissimo, prima
dei compositori, gli editori di musica che negli ultimi decenni del settecento cominciarono
a tempestare i musicisti di richieste di sonate facili per pianoforte.
Quando arrivò Beethoven, Mozart
aveva già dato un decisivo contributo all’affermazione dello strumento. All’epoca
di Beethoven il pianoforte aveva un suo timbro penetrante, potenza e varietà di
suono accresciuti via via dai miglioramenti apportati dai costruttori e serviva
solo esplorarne a fondo la tecnica per farne risaltare tutte le sue possibilità.
Beethoven appartenne alla generazione
dei pianisti compositori che avviarono questa strada.
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Nella vita artistica a
compositiva di Beethoven il pianoforte occupò una posizione di assolto
privilegio sia numericamente che qualitativamente. Dal 1783 al 1823 egli si dedica
quasi ininterrottamente al pianoforte che abbandonò solo negli ultimi anni. Ciò
significa che l’opera pianistica di Beethoven è lo specchio in cui si riflette quasi
per intero l’attività creativa del maestro in tutti i suoi spetti stilistici e spirituali.
Fin dai primissimi saggi l’intera
opera pianistica beethoveniana è una vera miniera e una continua scoperta di intuizioni
timbriche. Le prime sonate per pianoforte Beethoven le scrisse a 13 anni e furono
editate grazie all’aiuto del suo insegnate Christian Gottlob Neefe nel 1783.
Dovettero poi passare più di tredici
anni prima che Beethoven si decidesse a dare alle stampe una nuova serie di sonate.
Le sonate op. 2 vengono editate da Artaria nel 1796 dopo il grande trionfo del memorabile
concerto viennese. La composizione di
queste tre sonate è sicuramente molto antecedente alla data di edizione. Molte idee
risalgono al 1792, nel periodo in cui il giovane musicista non aveva ancora
lasciato la sua città natale Bonn. Questi
sono per Beethoven anni durane i quali la sua vita è attraversata da
avvenimenti esistenziali e artistici di portata grandiosa.
In queste sonate molte sono già
le innovazioni rispetto al materiale sonatistico fino allora circolante. Sono per
esempio in quattro movimenti. Né Mozart, Haydn e Clementi avevano mai considerato
di scrivere il quarto tempo.
È stato ripetuto e detto che le tre sonate op.
2 risentono dell’influenza di Haydn e di Mozart. Sicuramente è vero per il
fatto che Beethoven ereditò dalla civiltà musicale del suo tempo le strutture
formali, ma per quanto riguarda il linguaggio e gli elementi stilistici e morfologici
già nell’opera 2 vi è un enorme distacco dai suoi predecessori.
L’opera è comunque dedicata ad
Hadyn dal quale Beethoven stava formalmente imparando e in alcuni passaggi ci
sono degli elementi riconducibili al suo maestro, ma non dimentichiamoci che molto
del materiale di queste sonate era stato scritto da Beethoven prima ancora di
conoscere e frequentare di persona il “grande patriarca musicale” Joseph Haydn.
Molte idee e procedimenti in
queste sonate sono più ascrivibili all'influenza di Muzio Clementi.
Di certo il pensiero che Haydn rivolse
al giovane Beethoven nel 1793 ci illumina sul percorso, il carattere e la vita che
l’artista titanico compirà nelle sue composizioni pianistiche e non:
« Avete molto talento e ne acquisirete ancora di più, enormemente
di più. Avete un'abbondanza inesauribile d'ispirazione, avete pensieri che
nessuno ha ancora avuto, non sacrificherete mai il vostro pensiero a una norma
tirannica, ma sacrificherete le norme alle vostre immaginazioni: voi mi avete
dato l'impressione di essere un uomo con molte teste, molti cuori, molte
anime. »
Liberamente tratto da: Beethoven
- Giovanni Carli Ballola –
Biografie Bompiani
Dal Capitolo: il pianoforte
A cura di Rosangela Bonardi
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