Un grazie a Clara Rocco, alla
Salvi e a Maria Christina Cleary per aver organizzato questi due meravigliosi
giorni con Siobhàn Armstrong a Milano.
Ho partecipato al seminario di
Siobhàn Armstrong a Milano e sono davvero contenta di averla conosciuta di
persona perché, oltre ad essere una professionista seria e molto preparata è anche
una persona splendida.
Disponibile, allegra e
appassionata!
La passione per le sue ricerche e
per l’arpa antica irlandese è un tratto che contraddistingue tutto il suo
operato e lei riesce a trasmetterlo con grande entusiasmo.
Sabato pomeriggio Siobhàn (a
proposito, si pronuncia Shivòn),
prima di cominciare a raccontarci dell’arpa antica, ha voluto conoscere i
partecipanti uno per uno e ha voluto sapere cosa ci si aspettava da lei.
Si è anche presentata riassumendo
velocemente il suo curriculum e la sua esperienza.
Ha iniziato a suonare l’arpa
classica al Trinity College di Dublino e per diversi anni ha lavorato in cori
professionali come cantante. Si è poi specializzata in arpe storiche.
Ha fondato e presiede
l’associazione The Historical Harp Society
of Ireland che ha come scopo principale la conoscenza e il recupero delle
antiche arpe irlandesi e scozzesi e del loro repertorio. L’associazione ha
ormai 15 anni e raduna anche arpisti, storici e appassionati da tutto il mondo.
Dopo questa semplice presentazione di Siobhàn si sono delineati gli argomenti e soprattutto l’interesse principale del gruppo di lavoro era di capire le differenze tra l’arpa irlandese moderna e l’arpa irlandese antica. Per mostrarci e parlarci delle differenze ha utilizzato, oltre a spiegazioni teoriche, anche momenti di pratica che sono risultati molto efficaci.
C’erano a disposizione anche
alcune arpe di modelli medioevali con corde di budello e due arpe con corde di
metallo gentilmente offerte dal liutaio Michele Sangineto. Maria Christina
Cleary, amica e assistente di Siobhàn, ci ha suggerito di provare a turno ad
utilizzare queste ultime per capire meglio “sotto le dita” la risposta delle arpe
antiche.
È indubbio che la risonanza delle
corde di metallo è completamente diversa da quelle delle corde di budello o di
nylon.
I brani che ci ha portato si
trovano sia nelle raccolte di Edward Bunting che in altre raccolte molto più antiche.
Siobhàn ha specificato e ci ha mostrato la differenza tra le raccolte date alle
stampe di Bunting e i primi appunti che egli stesso prese proprio durante i tre
giorni di festival. Questi schizzi lei li ha raccolti in un libricino e li
consulta in continuazione (Dice: “My Bible!”)
perché molti dei segni non sempre sono chiari.
Sono davvero degli abbozzi nei
quali si nota la velocità con la quale Bunting cercò di catturare il più possibile
di ciò che estemporaneamente gli arpisti suonavano dal vivo. Ci sono
cancellature e non sempre le battute e i ritmi sembrano precisi. Il problema,
lei dice, che sembrano imprecisi a noi come allora lo sembravano al giovane
Bunting che era un organista, seppur giovane, abituato alla musica della sua
epoca e avrà avuto molta difficoltà a comprendere e trascrivere un genere
musicale molto diverso, sia armonicamente che metricamente. Infatti, quando
trascrisse i brani in “bella scrittura “ per le edizioni cominciò a cambiarli
ed adattarli ad una logica metrica e armonica più vicina al gusto dell’epoca
affine alla musica colta settecentesca facendo perdere molto del loro carattere
originario. Ne cambiò la tonalità utilizzando quelle più adatte al pianoforte
che stava diventato lo strumento più utilizzato presso tutte le famiglie di
aristocratici dopo la scomparsa graduale del clavicembalo.
Negli schizzi iniziali non ci
sono gli accompagnamenti tranne uno o due brani oppure ci sono delle B messe in
alcuni punti che significano basso, senza specificare le note. Le trascrizioni
a stampa delle ultime edizioni di Bunting sono invece assai più pianistiche.
Ecco allora che il lavoro di ricerca
di Siobhàn e del suo gruppo è la comparazione tra gli schizzi iniziali e le
edizioni. Ci ha fatto notare alcune contraddizioni: sotto un brano Bunting
scrive “Esattamente come Hempson l’ha
suonata – sia gli acuti che i bassi”. L’abbiamo osservata e in alcuni punti
l’accompagnamento era tutt’altro che tipicamente arpistico, mentre in altri
passaggi lo era.
Anche nelle edizioni finali,
comunque Siobhàn ci ha detto che sono rimasti dei caratteri tipici delle arpe
che suonano strani sul pianoforte.
Siobàhn, suonando tratti della
melodia del brano ci ha fatto sentire come risultava senza smorzare e poi con
le dovute smorzature. “Senza smorzature,
lei dice, si crea una sorta di marasma unico poco definito”.
Con le dovute smorzature non
entrano in conflitto note che lei ha chiamato “neighbour”, vicine, e quindi
dissonanti, mentre le altre che vibrano insieme creano di per sé una buona
armonia sufficiente a sostenere il brano anche con dei semplici raddoppi nel
basso utilizzati con molta parsimonia.
Il primo brano che ci ha dato è
un lamentation intitolata a Counsellor
MacDonough’s di Turlough O’Carolan e si trova nella raccolta del 1724 di Neal’s collecection of the most
celebrated Irish tunes.
Cerco di spiegarvi a grandi linee
i principi che ci ha indicato Siobhàn ma non sarà mai come vedere dal vivo le
sue dita lavorare sulle corde.
Il “damping” è ottenuto rimettendo
subito il dito sulla corda che si vuol stoppare. È un lavoro certosino.
È necessario capire quali sono le
note della melodia che risuonano in modo fastidioso e quali invece
contribuiscono all'armonia. Queste ultime si lasciano vibrare.
Nell'edizione della Amstrong, che
ci ha dato, sono segnate sia le diteggiature che la rimessa delle dita che
devono smorzare. Ci ha spiegato che è d’uso tenere le dita sui gruppi di note e
quando ci sono dei salti tra i gruppi spesso è meglio non legare le
diteggiature. Le sue mani sembrano quasi non muoversi e si spostano molto
composte quando ci sono dei salti.
Bellissime sono le scale con le
girate del pollice sotto le altre dita, esattamente il contrario di ciò che
facciamo sulle arpe moderne.
Il secondo giorno ci ha parlato e
mostrato alcuni trucchi per gli abbellimenti.
Il basso è davvero scarno, ma vi
assicuro che sulla sua arpa è più che sufficiente a dare un appoggio qua e là
dove serve.
Di solito la mano sinistra, anche
se suona una nota sola, appoggia le altre dita sulle note intorno a quella che
viene suonata e così vibra solo la corda giusta in modo pulito e preciso.
Sembra, per noi arpiste classiche,
di vedere i primi esercizi del Grossi con le dita tutte in posizione.
Cosa davvero importante, prima
ancora di decidere la diteggiatura e i relativi smorzati immaginarsi il brano
cantato o cantarlo direttamente per vedere dove ci sono i respiri giusti. I
testi di queste melodie che Edward Bunting ha trascritto e raccolto nel corso
della sua vita a partire dall’esperienza del Festival del 1792, esistono, ma
sono stati scritti e raccolti in modo poco organico e ora c’è bisogno di
provare a metterli insieme con le melodie giuste.
Bunting era inglese e non
conosceva il gaelico. Gli arpisti cantavano in gaelico. Allora il primo lavoro
fu quello di trascrivere le melodie. Quello fu fatto nei tre giorni del
festival. Successivamente Bunting si avvalse di alcuni irlandesi che andarono
presso gli arpisti rimasti a raccogliere i testi. Ma, siccome le melodie erano
suonate e adattate da ciascun arpista in maniera personale, così come era
caratteristica del loro far musica, i testi raccolti sono assai difficili oggi da
ricomporre con le diverse versioni della stessa melodia. È un lavoro che
richiede intuito e gusto e lo possono fare solo esperti musicisti che conoscono
molto bene il gaelico.
Siobhàn ci ha cantato tutto il
tempo le melodie che ci faceva provare. Ha una voce bellissima e un modo di
cantare incantevole. Era un piacere starla a sentire e nello stesso tempo si
capiva davvero il carattere del brano prima di suonarlo.
In effetti il nostro suonare è
stato più che altro un tentativo di provare le sue diteggiature e i gli
smorzati.
Ci proposto poi di mettere noi il
basso a nostro gusto e poi, ascoltandoci, ci correggeva o ragionava su quello
che avevamo scelto.
Naturalmente il tempo per fare
tutto ciò è stato pochissimo. Abbiamo solo intuito come si può procedere, ma di
sicuro, per me ora è molto più chiaro il risultato sonoro che può dare una Old Irish Harp!!
Mentre si facevano questi
tentativi, le domande che venivano poste avviavano altri discorsi sulla storia
Irlandese e sull'attività di questi arpisti.
Domenica abbiamo visto, tramite
un testo comparato le due versioni di un altro brano Táimse 'im Chodladh (I am asleep and don't waken me) di Dannis
O’Hampsye e ci ha parlato dei modi usati nei brani.
Molte altre cose sono state abbozzate, e lei stessa iniziava
un discorso e poi doveva interromperlo perché il tempo non permetteva un
maggior approfondimento.
Comunque è stato un modo, per chi non conosceva davvero
nulla sull'argomento, di aprire la mente ad un mondo completamente diverso e
affascinante.
Ci ha dato due indirizzi dove poter trovare notizie e
materiale. Uno è legato alla sua associazione The Historical Harp Society of Ireland e
l’altro tenuto da Simon Chadwick uno studioso di arpe antiche dove si può
trovare storia e materiale sul repertorio (www.earlygaelicharp.info).
I corsisti erano circa 12. Al concerto serale, che si è tenuto al
Teatrino la Scala delle Vita, la sala che non ha una grande capienza, non era
al completo. Tuttavia il pubblico presente ha mostrato grande entusiasmo per
una performance di grande classe ed interesse.
Che dire? Dispiace che, nonostante
fosse fatta girare voce sia nell'ambito dei gruppi di arpa celtica milanesi e
lombardi, sia nell'ambito dell’arpa classica dei conservatori, non si sia
capito che valeva la pena almeno di ascoltare dal vivo un’arpa antica e la sua
interprete e ricercatrice di così alto livello.
Nessun commento:
Posta un commento