"L'apprendere uno strumento musicale richiede un
corso di studi in cui l'insegnante proponga un mixer sapiente di esercizi
tecnici e brani musicali che siano di livello e di difficoltà
progressivo."
Detto ciò non esiste un metodo perfetto ed esaustivo
in sé. Il buon insegnante deve conoscere veramente bene il repertorio dello
strumento e diversi metodi dai quali attingere per portare ogni allievo verso
l'obbiettivo adatto a ciascuno in base alle proprie aspettative, capacità e
volontà considerando anche l'età.
Ogni metodo è il riassunto cartaceo di anni di
esperienza d'insegnamento applicata al repertorio a disposizione in quel
momento. E nel metodo, pur esaustivo che sia, mancheranno sempre gli accorgimenti
che il bravo insegnante dà a ciascun allievo per così dire "dal
vivo".
E fin qui potremo dire: è l'uovo di Colombo.
Ma dall'uovo di Colombo alla Gallina, direte voi, Che c'azzecca?...
Datemi retta: C'azzecca!
Sì, perché l'apprendimento del suonare l'arpa richiede
pazienza e molto tempo e, a seconda del metodo utilizzato, lo studio potrà
essere più o meno noioso, anche se la noia non si può rimuovere del tutto se si
vuol superare lo stadio del dilettantismo di scarsa qualità.
Molti sostengono che prima di poter suonare qualcosa
di carino è necessario fare mesi e mesi di tecnica pura. O per lo meno così era
in un passato non troppo lontano.
Altri invece sostengono che si può iniziare da piccoli
e semplici brani musicali di senso compiuto (o che almeno abbiamo una parvenza
musicale) in modo che l'allievo abbia subito soddisfazioni e non si scoraggi
presto.
Ecco l'uovo e la gallina!!
Anche nei metodi di fine '700 e '800 oltre agli
esercizi tecnici c'erano brevi brani didattici in forma musicale. Preludi,
piccole danze, arie semplici in stile dell'epoca in modo che si potesse
applicare quasi subito ciò che si stava apprendendo.
Per l'arpa classica molti sono i metodi con relativo
corollario di studi musicali e veri e propri brani. Direi poi che sono quasi
numericamente più imponenti gli studi che non i brani stessi del repertorio… ma
questa è un'altra faccenda.
Invece per l'arpa celtica qui in Italia si brancola
ancora un po' nel buio, anche se timidamente cominciano a spuntare scuole e
movimenti dedicati a questo specifico strumento che hanno capito molte cose.
Ci sono alcune aree importanti dove sono nati metodi e
raccolte di brani.
Nella Francia del Nord, nell'area della Bretagna, il
revival celtico ha poggiato le basi sulla scuola di Denis Mégevand, classe
1917, che a partire dagli anni ‘50 cominciò a studiare ed insegnare l'arpa
celtica come propedeutica alla classica con alcuni accenni al fatto che si
potesse interpretare la musica medioevale (o antica in genere) sullo strumento
per una questione di sonorità più appropriata.
Lo stile del metodo della Mégevand ha preso molto
dalla scuola classica, tra cui l'accordatura in mi bemolle tipica delle arpe
classiche a singolo movimento.
Arpeggi a non finire e accordi a quattro dita nelle
due mani sono scritti a profusione, e la scelta armonica dei brani da lei
scritti o trascritti hanno spesso un'impronta espressionista, ma con un occhio
di riguardo alla musica popolare bretone che tanto interessava monsieur
Cochevelou e figlio (tale Alan Stivell).
Tra un giro di tecnica e l'altro si trovano i brani
bretoni e antichi posti in una specie di ordine per difficoltà.
Si presuppone di essere già in grado di leggere la
musica.
In Irlanda, Scozia e Galles nel '900 anni l'arpa
celtica si è riappropriata della sua storia e di un suo repertorio che spazia
dall'antico al moderno.
In America, sull'onda del revival Irlandese si è
aperta una grande scuola che inizialmente ha avuto come pioniera Sylvia Woods.
Siamo negli anni ‘70.
Sia il metodo di Janet Harbison che quello della
Woods, di cui vi ho già accennato precedentemente in questo blog, sono due
metodi che utilizzano quasi esclusivamente materiale musicale per apprendere.
Lo fanno in modo diverso, ma il suonare qualcosa di musicale li accomuna.
Vi elenco i passaggi di massima di due tipi di lezioni
in cui si propone un nuovo brano.
Diamo per scontato che sia già stato fatto un lavoro
di base che chiamo imprinting! Quello, per intenderci,
che pone le dita sulle corde per la prima volta e che per qualche mese
(…quanti dipende dall'età, dalla disponibilità allo studio, dalla frequenza
delle prime lezioni con il maestro) si occupa della postura,
della posizione delle mani, dell'appoggio dei polpastrelli e dell'atto del
pizzicare e della diteggiatura semplice.
Magari anche di un primo stadio di lettura della
musica, perché solo con un insegnante abile ad insegnare ad imitazione ed
orecchio se ne può fare a meno per i primi tempi.
Accademico
1) Si assegnano una serie
di esercizi puramente tecnici sempre facendoli leggere sullo spartito.
2) Si legge il brano
dallo spartito e molto spesso l'insegnante non fa nemmeno sentire alla
strumento come suona.
3) Si osservano dallo
spartito la tonalità, il tempo e il carattere del brano e di segnano con la
matita sullo spartito consigli, diteggiature e annotazioni, come indicazioni di
metronomo, in caso ce ne fosse bisogno.
Ad orecchio e ad imitazione
1) L'insegnante una
volta scelto il brano adatto al livello dell'allievo lo esegue diverse volte
per farlo ascoltare alla velocità di esecuzione. Spesso il brano è già
conosciuto. Si puntualizza la scala su cui è costruito; le leve da mettere; si
comprende il ritmo e il carattere.
2) L'insegnate esegue il
primo inciso molto più lentamente, facendo notare come si articola la melodia e
la relativa diteggiatura, osservando l'allievo come lo ripete e lo ripete
insieme a lui. Corregge la posizione, il movimento delle dita, la precisione
ritmica con cui lo esegue. Se ci sono difficoltà di comprensione del meccanismo
tecnico, mostra di nuovo lentamente il movimento giusto. Proseguo con la parte
del brano (che di solito è breve, costruito con due o tre frasi in tutto) che
l'allievo dovrà lavorare per conto suo fino alla lezione successiva. Si, perché
spesso viene assegnata solo un frase per volta tra una lezione e l'altra. Si
impara l'accompagnamento con la mano sinistra notando i passaggi armonici
(accordi in posizione semplice, i drones, o semplici
contrappunti)
3) Ora il lavoro passa
dall'insegnante all'allievo. Egli dovrà ripetere molte volte i passaggi
ogni giorno per diversi giorni ricordando tutti i particolari osservati nel
movimento delle mani dell'insegnante. Oggi è possibile registrare la traccia
audio e riprendere il movimento delle dita dell'insegnante in modo da non dimenticare
nulla quando si è a casa. Non è
necessario per i primi tempi utilizzare lo spartito. La parola d'ordine è:
LENTAMENTE!
Se si è scrupolosi i risultati non tarderanno a
venire. Poi, anche con questo metodo si deve imparare a leggere lo spartito, ma
questo servirà solo come promemoria in caso di dimenticanze.
(Per un approfondimento del metodo di studio è
interessante l'articolo scritto da Padre Marco: la pratica nello studio dell'arpa : la mia esperienza)
Detto questo il secondo metodo, che è senz'altro il
meno noioso presenta dei piccoli inconvenienti.
Sia allievi giovani che adulti partono molto motivati
e entusiasti e appena riescono a capire il funzionamento della loro melodia,
ingranano la marcia perché vorrebbero subito suonarla così come l'hanno sentita
e come ormai suona nel loro orecchio. Questo crea dei problemi: imparano
velocemente con la testa, ma fanno molti pasticci con le dita. E spesso i
pasticci si accumulano con il proseguimento dello studio. A poco vale la regola
che devono suonare molto lentamente tutto quanto ricordando che i brani sono
tecnica di base mascherata.
Vi è poi un altro handicap: all'interno di un brano
che sembra semplice ci possono essere dei passaggi che proprio semplici non
sono e magari sono ancora troppo prematuri per il livello raggiunto dal
suonatore.
Per contro, l'approccio accademico e per così dire più
tecnico rende noiosissimo e al limite del sopportabile lo studio dei primi mesi
(e anche dei successivi anni...) e fa desistere
parecchie persone.
Allora sono convinta che la via migliore sia quella di
utilizzare un mix sapiente tra tecnica e brani musicali. Per fare questo è
indispensabile l'ausilio di un insegnate che ascolti e veda spesso l'allievo
soprattutto i primi mesi, in modo che possa costruire una giusta alternanza dei
due elementi.
Egli si accorge dei progressi fatti e delle difficoltà
cha ancora ci sono e propone lo studio di moduli tecnici appropriati e di brani
di giusto livello. Nei moduli tecnici ci sono alcuni elementi isolati da
ripetere meccanicamente, dove si pone la concentrazione sul meccanismo stesso
per renderlo chiaro e poi sempre più fluido. Nel brano lo stesso passaggio è
inserito insieme ad altri ed è lì che viene applicato allo scopo musicale che è
poi il fine ultimo dello studio.
Attenzione: non è matematico che una volta
perfezionato il passaggio isolato venga subito suonato perfetto nel brano.
Questo è un ulteriore perfezionamento che si otterrà con la ripetizione
costante e lenta del brano per un periodo che varia molto dalle capacità e
dalla costanza di ognuno. Ma avendo lavorato anche sul singolo passaggio ne si
conosce meglio le insidie e il metodo per superarle.
Ricordate che la pazienza paga sempre a meno che il
soggetto non sia proprio negato per la musica e il suonare. In quel caso molte
sono le attività ludiche alternative che l'allievo in questione può prendere in
considerazione. Una tra tutte la ben nota Ippica!!!!
Non me ne vogliano gli amici cavallerizzi (lo sappiamo
che andare a cavallo non è niente facile) ma è il detto che rende meglio
l'idea.
Seguirà un post meno teorico e con maggiori dettagli
tecnici.;-)
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