Prima di raccontarvi, in una sorta di
diario, i momenti di lezioni del laboratorio di arpa tenuta da Janet Harbison a
Romano di Lombardia presso la mia abitazione, vorrei esporvi i principi che
animano il suo metodo.
Oltre che leggendo alcune relazioni
dettagliate di Janet ho potuto avere conferma di questi principi attraverso
questa meravigliosa esperienza fatta dal vivo con lei.
La musica è un linguaggio che trasmette
stati d'animo, emozioni, discorsi e per poter usare questo linguaggio in modo
fluido ed essere in grado di poter trasmettere queste emozioni è necessario che
tale linguaggio diventi parte di noi. Esattamente come succede per la lingua
madre.
Il meccanismo più adatto per apprendere
il linguaggio musicale in maniera così profonda è quello che imita
l'apprendimento della lingua.
Questo percorso lo sviluppò molto bene
Shinichi Suzuki a partire dagli anni 50 del secolo scorso.
La musica tradizionale irlandese che è
basata sulle danze e sulle melodie tradizionali che hanno una costruzione molto
regolare fatta di frasi che si ripetono regolarmente, aiuta l'apprendimento
delle strutture del linguaggio musicale e dà anche l'opportunità di rendere
creativo l'apprendimento sin dalle prime fasi. La struttura fondamentale di un
brano irlandese, sia melodica che armonica, è solo la base iniziale su cui
ognuno può creare il proprio arrangiamento. Negli arrangiamenti si possono
arricchire gli accompagnamenti, scegliere accordi diversi, fiorire le melodie
con ornamenti infiniti.
Ciò che è tradizione non viene scritto
ma eseguito e trasmesso oralmente da adulto a ragazzo, da maestro ad allievo.
Questo era il procedimento usato nell'antichità e questo è il procedimento
didattico sviluppato da Janet Harbison nel suo metodo di insegnamento
dell'arpa.
Vi trascrivo un dialogo che Janet ci ha
raccontato durante il corso.
La mamma col proprio bambino:
Le domande che un bambino piccolo che ha
appena imparato a parlare rivolge a sua madre:
"Mamma pappa"
la mamma capisce e provvede
Sei mesi dopo
"mamma voglio pappa!"
La mamma provvede
Sei mesi dopo
"mamma voglio pappa!"
La mamma:
"Puoi essere più gentile?"
"Mamma pappa, per favore!"
La mamma provvede e poi chiede
"Ora cosa si dice?"
"Grazie Mamma!"
Un anno dopo
"Mamma, puoi prepararmi la
pappa? Grazie"
"subito!"
7 anni dopo
"Carissima madre, puoi farmi per
pranzo quelle meravigliose lasagne che solo tu sai cucinare? Te ne sarei molto
grato!"
In pratica questo è il normale sviluppo
del linguaggio parlato e allo stesso modo si dovrebbe procedere
nell'insegnamento e nello sviluppo del linguaggio musicale dei propri allievi.
I bambini ascoltano i grandi suonare e
cantare e imitano come possono, in base alle proprie capacità cognitive e
abilità, sperimentando elementari esperienze.
Le esperienze si fanno via via più
articolate e si imparano nuove sfumature del linguaggio e la comunicazione
diventa più precisa, colorita ed emozionale. Questo è naturalmente possibile
dove esiste questa opportunità e fa parte della cultura del gruppo familiare e
societario in cui si è inseriti.
Janet ci racconta che da ragazzina
sentiva le canzoni tradizionali cantate e suonate dai genitori, dai nonni dagli
zii e dagli amici. Qualcuno suonava l'arpa, la cornamusa, altri la chitarra, il
flauto e il violino. Lei con l'arpa provava le melodie e quando sentiva
qualcosa di nuovo si faceva spiegare oppure osservava e ascoltava chi era più
capace per riprodurlo sulla sua arpa. Anche la tecnica era appresa con
l'osservazione e la ripetizione, adattando ciò che si vedeva e sentiva alla
propria fisicità, con naturalezza senza dover leggere tomi di trattati o aver
bisogno di spiegazioni dettagliate e precise al millimetro su come posizionare
le dita.
Non c'è stato bisogno di passare ore e
ore nello studio di esercizi tecnici aridi e infiniti. Attraverso la
ripetizione dei brani stessi imparava a muovere i primi passi sulle corde, a
camminare con sicurezza tra le melodie fino, a volare tra le corde con
incredibile agilità. (Testimonio che Janet vola davvero
sulle corde dell'arpa e come lei moltissimi dei suoi meravigliosi allievi)
Ciò poteva dipendere dalle capacità personali e dalla volontà e costanza di
ognuno di voler migliorare e di portare le proprie abilità nel momento musicale
di gruppo.
Si, perché il cantare e il far musica
era finalizzato al suonare e cantare insieme nei momenti di ritrovo.
Nelle session, momenti di socialità nei
pub, o in ritrovi familiari in cui la musica è parte predominante dove ognuno
poteva (e può) dare il proprio contributo così che la musica diventa un fatto
sociale e collettivo.
Il fare musica insieme è un fatto di
enorme importanza per dare un grande significato all'atto del far musica.
Questo non diventa un fatto di pura esibizione individuale, ma un momento di
scambio e allegria fra le persone che amano e capiscono il medesimo linguaggio
musicale.
La musica d'assieme nell'accezione
classica ha connotati simili ma prevede un approccio molto diverso, basato
sulla riproduzione di uno spartito di cui ognuno ha porzioni diverse da
eseguire alla lettera per costruire l'impianto architettonico della
composizione stessa. E' un'azione che richiede molto lavoro intellettuale e
poco istintuale e non è alla portata dei principianti.
Nelle esperienze musicali di comunità, come
quella irlandese, è tutto il contrario. Il brano è di tutti (melodia e armonia
sono conosciuti da tutti) e avuta la visione completa della musica la si porta
avanti tutti insieme secondo le proprie capacità e abilità raggiunte.
Dove queste cose si possono praticare
(in molte parti dell'Irlanda ancora sono presenti) i ragazzi sviluppano
un'atteggiamento verso la vita e le altre persone molto positivo e costruttivo.
Gli adulti e gli anziani coinvolgono e sono coinvolti in un discorso collettivo
e tutti possono dare il loro contributo.
Nel sistema di apprendimento sviluppato
da Janet Harbison anche l'aspetto del far musica insieme è curato sin dalle
prime esprienze e i suggerimenti di studio nei Tutor's Books prevedono di
esercitare le abilità di accompagnamento e riconscimento armonico appena
appresi i rudimenti iniziali.
Forse oggi è un messaggio difficile da
far passare sopratutto alle nuove generazioni che hanno sostituito il
divertimento collettivo con il ritrovarsi al cinema o in discoteche dove il rumore
e la musica raggiungono decibel impossibili e dove ognuno non è parte di nulla.
Passività allo stato puro. Oppure c'è il divertimento individuale di fronte ad
un monitor (video giochi, consolle varie, tablet, W.I. etc etc…) che prevede lo
sviluppo di abilità personali che non avranno comunque un riscontro sociale e
di condivisione.
E' difficile far partire la curiosità e
spingere i ragazzi verso questa esperienza, ma una volta iniziato il discorso
credo che il divertimento sia assicurato. L'atteggiamento più difficile da
cambiare è quello dei genitori che continuano a credere che l'imparare a
suonare uno strumento musicale debba portare il proprio figlio a primeggiare ed
arrivare ad essere dei piccoli prodigi da portare sui palchi di concorsi e
trasmissioni televisive. Questo atteggiamento non solo allontana le persone
dalla musica, ma non porta alcun vantaggio educativo a lungo termine.
Queste sono riflessioni e percorsi
d'esperienza su cui si basa la scuola musicale di Janet Harbison.
Vi racconterò come lei
riesce a trasmettere tutto ciò con gioia ed energia nelle sue lezioni e
nel suo modo di rapportarsi con gli allievi.
Nessun commento:
Posta un commento