sabato 6 agosto 2011

L'arpa popolare, la musica popolare…



La Tarantella - Leon Basile Perrault


Qual è oggi la vera musica popolare?
Qual è il vero repertorio popolare per l'arpa celtica?

Due domande che s'incrociano.

A differenza dell'arpa classica che si apprende per la maggior parte nei conservatori e nelle accademie e il repertorio iniziale è di sicuro il cosiddetto genere colto, l'arpa celtica ha diversi approcci: come arpa propedeutica alla classica; con un approccio tradizionale irlandese (o di quelle aree cosiddette Bretoni) ad orecchio; o con un approccio da autodidatta ispirandosi alle varie scuole di genere new-age utilizzando materiali multimediali disponibili su internet.
Tralasciando l'approccio alla celtica come propedeutica alla classica di cui, se mai, ne parlerò un'altra volta, per tutti gli altri modi è veramente importante capirsi sul repertorio che si vuole affrontare per scegliere davvero il modo più corretto che ci porterà diritti all'obbiettivo.

Ecco allora che la prima domanda, più generica, che riguarda il vero significato di musica popolare ci può aiutare a chiarire cosa vogliamo.
Proprio in questo periodo estivo di sagre, feste d'oratorio, festival musicali e fuochi d'artificio ho avuto lo stimolo a ragionare sul cosiddetto Folk.


Non ho fatto studi approfonditi ed accademici sull'argomento, quindi mi limito a fare riflessioni basate sull'esperienza personale di musicista e di spettatrice.

Nel vocabolario troviamo:
popolare
[po-po-là-re] aggettivo
Che riguarda la parte più numerosa del popolo, che di solito è di condizioni più modeste e ha minore cultura: Esempio: linguaggio popolare; quartiere popolare
        Che fa parte del patrimonio comune a tutto il popolo (contrapposto a colto, che riguarda solo una piccola parte di esso): Esempio: leggende, tradizioni popolari; danza popolare; musica popolare.

Si dà per scontato che tanti sono i popoli e tante le musiche popolari, ma oggi i popoli si trasferiscono, si mischiano, si rifugiano.  Niente di nuovo sotto il sole!
Nel corso della storia le migrazioni, pacifiche e non, ci sono sempre state e le vecchie culture si sono mischiate con le nuove. Oggi però c'è un elemento veramente mai visto: i media globalizzati.
L'omologazione avviene anche nel campo artistico e la musica commerciale diventa più popolare della "popolare". Le nuove generazioni della gente che emigra conoscono già le "nuove culture".

Dico questo perché, partecipando come spettatrice ad alcune sagre e feste estive, ho visto cosa piace alla gente oggi.
Lasciamo da parte i concerti dei big del pop, del rock e del jazz di moda. Lì si va ad ascoltare il cantante o il gruppo che ci piace.
Nelle sagre paesane, a parte qualche raro caso sparso nella penisola (nei paesi del sud Italia mischiano ancora bande a gruppi folkloristici che suonano la taranta…) le offerte musicali sono le cover band di cantanti e gruppi famosi di qualche decina d'anni precedente e i karoaoke.
E diventa popolare, cioè apprezzata e partecipata, la musica che si è ascoltata in gioventù: Battisti, i Pooh, o il rap per i giovani.
Allora io direi che oggi è popolare ciò che si riconosce, che risveglia in noi ricordi ed emozioni e magari si può cantare, e non, come qualche nostalgico vuol ancora far credere, i canti delle mondine piuttosto che gli stornelli di montagna. Questi non sono più da tempo nell'immaginario del cosiddetto "popolo"….

Allora se ci si accinge ad imparare uno strumento come l'arpa celtica lo si far per suonare cosa?

Il repertorio irlandese e scozzese, per certi versi, mantiene una connotazione popolare. In quelle zone la gente ancora riconosce come propri i canti e le melodie tradizionali e si apprezzano le stesse rivestite di interpretazioni e arrangiamenti personali. Ma cosa rappresentano per noi italiani quelle melodie "tradizionali"?

Se il genere piace e ci si appassiona, ascoltando tonnellate di musiche e di gruppi irlandesi attraverso il web, si diventa "affini" al genere, altrimenti sono musiche che per noi non rappresentano il popolare, ma più probabilmente l'esotico.

Forse il termine popolare, in futuro, si potrà accostare non più ad un popolo o ad un luogo, ma ad un piacere condiviso da molti che vivono sparsi ai quattro angoli del globo.

Tornando all'arpa, cosa si può suonare sulle corde di una celtica?
Musica tradizionale irlandese, scozzese, bretone e americana; musica folk tradizionale italiana (tarantelle e stornelli di fine '800 e della prima metà del '900; musica commerciale debitamente trascritta (canzoni e canzonette); musica jazz (per i pochi in grado di farlo con trascrizioni e arrangiamenti personali); la musica composta da voi.

Quindi, secondo la scelta del repertorio, come impostarne lo studio?
Direi in linea generale che la base è uguale per tutti questi generi:

In sequenza temporale:
- l'impostazione delle mani e del movimento attraverso l'imitazione e l'insegnamento di qualche arpista che già suona il repertorio che ci piace (attenzione a verificare la reale capacità ed esperienza dell'interprete) e l'apprendimento di una base tecnica
- la conoscenza ad orecchio dei brani significativi del repertorio non solo suonati sull'arpa ma su altri strumenti, o nella versione originale (in caso di brani orchestrali come la musica da film, per esempio)
- l'ascolto di varie interpretazioni
- la scelta dell'interpretazione base da seguire per il primo approccio al brano (versioni semplici o semplificate)
- lo studio del brano stesso ripetendolo molte volte (tecnica dello studio)

Un'altra domanda importante mi sorge a questo punto, ed è una domanda che spesso gli amatori che si aggingono alla studio dell'arpa mi fanno spesso:
E' necessario saper leggere la musica?

Io credo di sì. L'apprendimento esclusivo ad orecchio limiterà le nostre scelte future di repertorio ai brani che possiamo ascoltare e all'aiuto diretto dell'insegnante. Venendo a mancare queste due componenti si rischia di avere enormi difficoltà a ricercare e suonare brani nuovi anche da soli.

Credo che siano due i modi fondamentali per l'apprendimento della musica:
            Ad orecchio
            Attraverso la lettura dello spartito

Due modi completamente differenti.
Il primo avvantaggia l'acquisizione del linguaggio sonoro prima ancora della scrittura e della grammatica teorica che ne deriva.
Il secondo va nella direzione opposta: la scoperta del linguaggio e del contenuto sonoro passando prima dalla teoria e dalla grammatica. Il risultato, una volta sorpassato lo scoglio iniziale di astrusità e di noia, è quello di far pensare che la musica non scaturisca dal mezzo (strumento o voce) e dall'istinto di chi lo usa, ma dalla trascrizione di tale pensiero un foglio di carta.
Un po' come insegnare ai bambini di due anni prima a scrivere e capire la grammatica e poi a parlare.
Questo secondo approccio credo che sia una stortura dell'accademismo moderno che impone agli allievi di imparare prima il mezzo grafico e teorico di un linguaggio che è istintivo per buona parte del suo sviluppo.

L'altro approccio, ad orecchio (e aggiungerei anche ad occhio per ciò che riguarda l'apprendimento della tecnica di uno strumento), è più immediato, istintivo e completo sotto l'aspetto del linguaggio emotivo della musica. Ad un certo livello poi diventerà completo se lo si affianca comunque alla capacità trascrittiva e analitica della scrittura musicale come mezzo e mai come fine.
Imparare a leggere la musica non è difficile e non è necessario dover fare anni di solfeggio arido e accademico, ma un piccolo sforzo iniziale vi ripagherà alla grande.



A questo proposito (perdonate la piccola digressione storica), non dimentichiamoci che siamo stati noi italiani quelli che hanno dettato le basi della scrittura musicale. Certo Guido d'Arezzo, monaco medioevale, diede un impulso fondamentale alla modernizzazione della scrittura musicale per trovare una soluzione alle difficoltà dei monaci cantori a ricordare i canti della tradizione Gregoriana.
Anche lui partì col dare il nome alle note utilizzando le sillabe di un canto liturgico molto conosciuto "L'inno di San Giovanni", quindi partendo dalla musica cantata già conosciuta.
(per ascoltarlo e leggere note approfondite - http://it.wikipedia.org/wiki/Ut_queant_laxis)

Lo sviluppo ulteriore di tutta la musica sacra italiana, dal medioevo fino al rinascimento, con l'avvento del canto polifonico, incrementò la conoscenza da parte dei cantori della lettura musicale assolutamente indispensabile per le composizioni molto ardite e impegnative dell'epoca.
Fino alla fine del '600 leggere la musica non era una pratica riservata a pochi eletti, ma soprattutto in Italia, un'abitudine insegnata ai cantori delle chiese che notoriamente erano giovani (Pueri cantores) provenienti da famiglie povere e senza futuro, i quali poi potevano ambire anche a diventare cantanti d'opera castrati e avere notevole successo nell'ambito operistico.


Allora, tornando ai nostri suggerimenti per l'apprendimento dell'arpa celtica, ascoltate tonnellate di musica registrata e dal vivo, lasciatevi sedurre da ciò che vi piace e poi procuratevi un buon insegnante, uno strumento discreto e …tanta pazienza e voglia di fare!


…Ah, un'ultima cosa:
Anche la musica "popolare" può essere suonata o cantata con gusto e capacità, oppure gridata e stonata. Questo dipende da voi e dal grado di sopportazione del vostro pubblico.
Purtroppo, oggi più che mai, il gusto estetico è andato sempre di più scadendo. Spacciare per spettacolo un karoaoke di amatori stonati (e nessuno vi vieta di cantare sulle basi a casa vostra) lo si può fare solo per due motivi:
1) la gente non distingue più ciò che è bello e di ciò che non lo è, o forse non ha più nemmeno gli strumenti per potersene rendere conto…
2) la gente non ha il coraggio di mettere in discussione le offerte musicali popolari (intendo cioè quelle economicamente alla portata di tutti) visto che sono ormai sono sempre più ridotte. "Piuttosto che niente, meglio piuttosto".

In ambedue i casi non è una bella cosa nel paese del "Belcanto", dove la musica vocale, la musica polifonica, la scrittura musicale e l'opera ebbero la culla ed uno sviluppo tale da far diventare l'Italia il faro musicale e il motore trainante dell'Europa.
Un bel biglietto da visita internazionale forse perso per sempre…Chi lo sa!

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