mercoledì 24 aprile 2019

More Music More Life 2019 – da Vivere la musica 2018



E' passato un anno dalla partecipazione alla Tavola Rotonda che aveva il nome “Vivere al Musica” tenuta in Palazzina Liberty a cura dell’organizzazione di AIMA.
Avevo scritto un articolo a proposito che trovate nell'archivio del 2018.


Proprio nel mese di Aprile la stessa associazione in collaborazione con UTE Milano e i Lyons, ha promosso due giornate di studio sugli stessi temi.
Ho partecipata alla prima giornata ascoltando gli interventi dei Maestri Annibale Rebaudengo, Sergio Lattes e Ettore Napoli (sostituito all'ultimo per una indisposizione da Luca Vonella)

Qui sotto avete la scaletta degli interventi e il tema di ciascuno.
La presentazione dei relatori è stata fatta da Angela Feola e Tommaso Napoli.




Angela Feola, prima di dare il via ai relatori, fa riferimento proprio alla manifestazione tenuta l’anno scorso. Il taglio delle relazioni di quest’anno vogliono essere più storiche ed entrare in un’analisi più specifica di taglio sociologico, didattico e amministrativo.
Tommaso Napoli, presidente dell’AIMA, ci fornisce alcuni dati essenziali ma indicativi della diversa situazione della musica amatoriale in Italia e in Europa e negli Stati Uniti.  I dati ci dicono come in Italia la musica amatoriale sia ancora poco sviluppata nel settore musica classica sinfonica e da camera.


La parola passa ad Annibale Rebaudengo, che esprime le sue riflessioni sulla componente didattica ed emozionale nell'avvicinarsi alla pratica strumentale da adulti. Le sue riflessioni scaturiscono dalla sua personale esperienza pluridecennale di insegnamento nell'ambito accademico e amatoriale di pianoforte e da studi e letture compiute per approfondire l’argomento. Il M° Rebaudengo ci fa riflettere sul fatto che lo studio della didattica e delle capacità di apprendimento di uno strumento musicale fino a d’ora si è occupato della fascia di età che va da 0 a 6 anni o al massimo fino all'età della maturità (18-20).

Oggi si parla molto di educazione permanente e questa si può suddividere in due grandi gruppi.
1) L’educazione di riqualificazione professionale che diventa obbligatoria o assolutamente necessaria perché in ogni lavoro oggi ci sono delle continue necessità di riqualificazione (vedi, per esempio alfabetizzazione dell’informatizzazione). Questo è un apprendimento imposto e non sempre ben accolto e piacevole.
2) L’educazione permanente liberamente scelta come crescita personale che può abbracciare moltissime discipline e arti tra cui anche la musica. Questa attività è liberamente scelta.
La didattica musicale per adulti ha avuto uno sviluppo maggiore negli Stati Uniti anche in termini di pubblicazione ben inserite in un mercato editoriale e commerciale.

L’affrontare l’apprendimento di uno strumento o del canto da adulti (sia come primo approccio che come ripresa di una esperienza giovanile abbandonata) può avere molteplici aspetti emozionali e di aspettative.  Negli aspetti emozionali si ritrovano anche la ricerca di nuovi mezzi per la cura di sé, che oggi va tanto di moda. Cercare una gioia e un benessere attraverso la conoscenza e la pratica delle arti porta anche all'approfondimento di sé stessi.
Le diverse aspettative degli adulti che non sono più necessariamente legate al conseguimento di titoli di studio professionali, non possono essere sottaciute nel rapporto tra allievo e studente ma anzi hanno bisogno di essere esplicitate ed accolte nel piano formativo. L’insegnate e l’allievo non dovrebbero iniziare il loro rapporto senza aver prima negoziato e stabilito degli obbiettivi di massima da raggiungere modulati in base alle aspettative dell’allievo. L’allievo adulto vuole sapere (a differenza del bambino e del ragazzo per i quali gli obbiettivi sono per lo più dati dal piano formativo dell’istituzione) se potrà farcela ad ottenere ciò che si prefigge e l’insegnate dovrà spiegare realisticamente il percorso e l’impegno richiesto per potere raggiungere in un arco di tempo realistico l’obbiettivo. Il metodo che potrà essere seguito non sarà lo stesso che si utilizza per i ragazzi ma il più possibile tagliato in base alle capacità cognitive di ciascuno allievo.

 In età adulta di solito il fattore tempo per lo studio è una discriminate da tenere in considerazione. Altro fattore è la capacità motoria completamente diversa tra giovane e adulto. L’apprendimento di automatismi che permettono a chi suona di trovare soddisfazione nel suonare dovrà passare da proposte di esercizi tecnici mirati e scelte di repertorio adeguati. L’adeguamento dovrà essere fatto seguendo il fattore psicofisico dell’allievo e il suo gusto già formato verso la musica che più preferisce.
È proficuo partire dal proprio territorio culturale per iniziare un percorso musicale che poi potrà anche estendersi a successive curiosità e ampliamenti di orizzonte in futuro.

Un altro fattore determinante nell'apprendimento da adulti di una disciplina musicale è la disponibilità dell’allievo a mettersi in gioco e riuscire a “tornare fanciullo”. Questo non è sempre facile per motivi psicologici, di tranquillità d’animo, disponibilità di tempo. Spesso l’adulto fatica ad apprendere per “immersione” o “imitazione” come fanno i bambini e i ragazzi, mentre utilizza molto il fattore ragionamento. Il fattore ragionamento non è sempre utile ad apprendere abilità motorie, anzi alle volte lo inibisce. Egli vuole sapere subito perché deve fare quel movimento, perché deve fare quella tecnica e vuol verificare col ragionamento nei dettagli tutto il percorso che dovrà fare volendo aver chiari sin dall'inizio tutti i passaggi richiesti. Sono tante e minuziose le domande che fanno gli adulti e l’insegnate deve esser preparato a questo.

Il M° Rebaudengo sostiene che il percorso di apprendimento di uno strumento musicale da adulti funzionerà meglio se se supportato da un insegnate anziché fatto da autodidatta. Si risparmia una notevole quantità di tempo, visto che poi gli adulti ne hanno meno a disposizione, e non si rischia di inventare e improvvisare percorsi che possono anche essere deleteri.




Il secondo intervento è del M° Sergio Lattes.
L’argomento è in linea di massima la relazione tra l’apprendimento accademico e quello amatoriale nei conservatori e nelle scuole musicali.
Come è visto il settore amatoriale da parte dell’istituzione accademica del conservatorio? Il M° Lattes ci dice che dopo aver posto domande specifiche riguardo a corsi amatoriale tenuti nei conservatori solo quattro istituzioni hanno riposto sui circa  75 istituti italiani.

I quattro conservatori sono
Ravenna: incontri di coro per adulti con alfabetizzazione teorica musicale; Storia della musica per adulti
Como: Seminari estivi per amatori
Verona: Corsi liberi di strumento per amatori
Padova: Corsi per amatori senza livelli ne limiti di età; orchestre e gruppi da camera aperti anche agli amatori
Nel conservatorio di Milano sono presenti corsi per adulti a cura dell’associazione Cpsm - Corsi Popolari Serali di Musica – E’ un'associazione culturale senza fini di lucro, che si propone di promuovere la cultura musicale per gli adulti attraverso un'ampia offerta di attività didattiche multidisciplinari.  che funzionano dal 1982

Dopo aver fatto questa indagine Sergio Lattes ha contattato il presidente dei direttori dei conservatori, Antonio Ligios per avere informazioni sulle situazioni che si sono venute a creare dopo la riforma e verificare gli aspetti professionalizzanti dell’istituzione musicale. 
Scopre che non esiste nessuna analisi sugli esiti professionali dei diplomati. Il Consorzio interuniversitario AlmaLaurea nato nel 1994 che si occupa di statistiche universitarie a livello nazionale e internazionale non ha nessun dato sui conservatori italiani. I singoli conservatori non hanno possibilità di fare in proprio una ricerca sul destino lavorativo degli allievi diplomati nella loro immissione nel mondo del lavoro negli anni successivi al diploma.

Vi è un dato illuminante fornito dal Gruppo operativo dei docenti di Didattica musicale che dice che la formazione dei conservatori è da sempre orientata a formare concertisti e lo è tuttora. Le prospettive di lavoro invece sono per 85% verso l’insegnamento, ma quest’ultimo è considerato dalla maggior parte dei musicisti solo un ripiego. Vi sono altri dati che riguardano la quantità di persone che studiano musica nei primi anni di vita che è notevole e per contro c’è una grande dispersione dopo i 13 anni e nelle superiori dove, a parte il liceo musicale istituito da poco, non è previsto nessun tipo di insegnamento musicale né pratico né teorico né storico. Sergio Lattes prosegue illustrando la situazione dei conservatori post-riforma che per altro non è ancora definitivamente compiuta, i quali dovrebbero occuparsi dell’istruzione universitaria e non più della formazione primaria.

Purtroppo, questa cosa non avviene per due motivi, uno di ordine didattico e un di ordine pratico. Per quanto riguarda la didattica, l’insegnamento dello strumento è considerato ancora una sorta di praticantato esclusivo tra maestro e allievo e non c’è una didattica condivisa a livello nazionale sulle discipline strumentali.

A tal proposito, aggiungo io, questo succedeva anche se i programmi dei Conservatori italiani erano uniformati a livello nazionale. La gelosia che ogni insegnante ha nei confronti del collega, sia esso nello stesso istituto che tra istituti diversi e la presunta certezza di essere i soli depositari della conoscenza del “suonar bene” ha avuto e forse ha ancora, il deplorevole scopo di evitare che gli allievi possano guardare al di là della propria classe pena la scomunica a vita dell’allievo stesso. Alto tradimento era considerato se un allievo prendeva informazioni e guardava nuovi orizzonti con altri insegnanti.  La maggior parte degli insegnanti ritiene davvero l’allievo di sua esclusiva proprietà e vuole che esso inizi e finisca con lui il percorso formativo sullo strumento.

Prosegue il M° Lattes;
L’altro motivo è di ordine pratico: se non si accolgono gli allievi anche molto giovani il numero degli allievi cala paurosamente e le cattedre diventano a rischio.
Larga parte dell’abbandono dello studio musicale degli allievi sopra i 14/15 anni è dovuto al tipo di formazione molto selettiva e indirizzata alla prospettiva di diventare solisti e concertisti. Se l’allievo non riesce a sostenere questa visione si demoralizza e abbandona la scuola e cosa ancor più deleteria si disinnamora del tutto della musica. Ha subito una tale frustrazione durante l’approccio musicale che arriva a odiare la musica stessa.
Nonostante questa situazione sembra che stia comunque crescendo il numero degli amatori che si accostano alla musica da adulti.
Infatti, interviene il M° Rebaudengo, ci sono istituzioni musicali private che, soprattutto nelle grandi città, vantano un numero di allievi da fare invidia ai conservatori. Queste istituzioni fanno fatica a trovare insegnanti e quelli che provengono dal settore classico accademico devono seguire corsi di aggiornamento sulla didattica perché ritenuti inadatti ad insegnare la musica popolare moderna. Rebaudengo sostiene che non è ammissibile che l’insegnate diplomato in Conservatorio non si idoneo ad insegnare perché dovrebbero essere proprio i conservatori a dare questa professionalità.

Ci sono poi le realtà delle scuole private e comunali sparse sul territorio molte delle quali sono scollegate dal conservatorio più vicino che invece potrebbe avere un ruolo di monitoraggio e, dico io, un possibile sbocco lavorativo dei futuri diplomati. Ci sono in questo ambito realtà molto intelligenti che hanno strutturato meglio questo dialogo. Una di queste è il conservatorio di Como.
Un altro fattore importante da non sottovalutare è quello della frequenza richiesta nelle prima fasi di apprendimento di uno strumento musicale. Questa dovrebbe essere il più possibile assidua, regolare e con cadenza settimanale per i ragazzi (e io dico anche per gli adulti amatori) ma spesso la sede del conservatorio non è facilmente raggiungibile.

Io credo che, a maggior ragione, il ruolo delle scuole sul territorio dovrebbe essere incentivato. Queste dovrebbero poter offrire una buona preparazione di base musicale e teorica sullo strumento e per il canto con l’aggiunta di momenti di esperienze musicali socializzanti atte a non demotivare il ragazzo e a tenere vivo l’interesse per l’amatore. Diventerebbero veri centri di scambio culturale musicale e avere buoni contatti con il conservatorio di zona per poter indirizzare i futuri professionisti qualora ne abbiano davvero in numeri e la determinazione. Invece conservatori e scuole di musica spesso sono in competizione e non si parlano.

Le domande che sono scaturite a questo punto sono:
Ma chi si deve occupare della formazione dei primi anni di musica dei ragazzi?
Chi si deve occupare dell’insegnamento degli amatori?
Il maestro Lattes sostiene che per contribuire ad un vero cambiamento nel settore ci dovrebbe esser maggior offerta musicale nelle scuole primarie fatto da insegnanti veramente preparati e lasciare ai conservatori la specializzazione di concertisti e di veri insegnanti qualificati e motivati.


Purtroppo, mi viene da aggiungere, lo stato italiano ha sempre abdicato e continua a farlo a qualunque inserimento della musica ben organizzata e riconosciuta nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie generali.
Rimangono alla fine solo scuole territoriali musicale e le medie ad indirizzo musicale (non presenti in tutto il territorio nazionale) a formare i ragazzi nei primi anni di studio.  
Le scuole musicali, con la loro variegata organizzazione che solo occasionalmente ha delle punte di eccellenza, hanno strutture amministrative diversissime: scuole civiche comunali, scuole private, cooperative, bande musicali. Regolano il rapporto con i professori in maniera altrettanto diversa e quasi nessuna dà una certezza economica e di continuità contrattuale demotivando la figura del professore o maestro di musica, per cui chi studia musica con l’intenzione di farne una professione non potrà davvero ritiene dignitosa la professione l’insegnamento.
Già la figura dell’insegnate in Italia non è ritenuta una professione grandemente rispettabile, ma quella del professore di musica appare sull'ultimo gradino della scala sociale.



L’ultimo intervento è stato di ordine storico: La musica amatoriale dal 1600 al 1800 a Milano e in Europa con un occhio particolare alla situazione milanese ottocentesca.
Luca Vonella, direttore artistico del gruppo Ensemble Hornpipe di Milano ha sostituito Ettore Napoli che per un’indisposizione non ha potuto partecipare all'incontro.

Dopo i tre interventi ci sono state delle domande da parte del pubblico dalle quali è scaturito una sensibilità verso la situazione amatoriale e le problematiche didattiche che ne conseguono.


Un intervento l’ha fatto anche Daniel Kelerhalls, presidente della Federazione Orchestre Amatoriali Europee che parlerà nel prossimo incontro, in cui ha raccontato della sua personale esperienza. Egli da giovane studiò corno con un musicista prima parte di una importante orchestra e poi volle tentare l’audizione per un posto di lavoro in orchestra. L’audizione non andò bene, ma la passione per la musica rimase talmente forte che si dedicò da allora a coltivarla come piacere personale e con molta determinazione fondando la Federazione. Nel suo intervento ha voluto puntualizzare anche il valore sociale della musica che spesso non viene valorizzato dai professionisti stessi.


Direi che molti temi sono stati per me una conferma di ciò che già personalmente ho verificato nel corso degli anni come arpista professionista e altri temi mi hanno dati nuovi spunti e idee.
Colgo come dato fondamentale che c’è molta voglia di lavoro e movimento nel settore musicale ma le esperienze rimangono per la maggior parte isolate e non contribuiscono a creare davvero una situazione ben organizzate che potrebbe essere proficua per tutti: professionisti e amatori.


Ci vediamo alla seconda giornata di lavori


p.s. ho messo in corsivo i miei  pensieri riguardo l'argomento e mi scuso fin d'ora se ho dimenticato qualche concetto espresso durante le conferenze. Sono disponibile a chiunque voglia aggiornare o aggiungere pensieri sull'argomento. Scrivetemi via mail. Grazie





Annibale Rebaudengo è docente di Pianoforte e Metodologia dell’insegnamento strumentale preso il Conservatorio di Milano. Ha pubblicato saggi sui processi dell'apprendimento musicale/strumentale per le edizioni LIM, EDT, ETS e il libro per pianisti principianti Leggere e improvvisare, Carisch. Scrive periodicamente su Musica Domani. Affianca all'attività didattica e di ricerca quella concertistica in paesi europei ed extra-europei.


Sergio Lattes
Pianista napoletano, formato alla rigorosa scuola di Vincenzo Vitale, Sergio Lattes ha coltivato una passione giovanile per la musicologia (ha firmato anche alcune voci del Grove’s), e ne ha conservato il gusto per i ragionamenti sulla musica, e per la sua divulgazione. Vive a Milano, dove per vent’anni è stato il pianista dell’Orchestra sinfonica della Rai. Predilige da sempre la musica d’insieme, collabora con strumentisti e cantanti e ha suonato anche in Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti. Si è occupato intensamente di musica contemporanea. Ha diretto insieme con Philippe Daverio i Concerti ASM, una delle prime e più brillanti esperienze di collaborazione fra musica e mondo non-profit. In veste di consulente del Comune di Milano ha promosso nuove iniziative musicali dell’Amministrazione, e accompagnato la nascita delle “Settimane Bach” con la Società del Quartetto. Ha insegnato Pianoforte nei conservatori di Torino, Milano e Genova. Ha tenuto inoltre gli insegnamenti di Lettura estemporanea, Letteratura pianistica, Pianoforte in orchestra, nei corsi accademici di primo e secondo livello. Per il progetto europeo “Working with Music” ha curato il volume Giovani che vanno all’estero, una serie di colloqui con giovani musicisti corredata da contributi di Giunio Luzzatto, Andrea Cammelli, Jeremy Cox e altri. Nell’ambito dello stesso progetto ha recentemente condotto una ricerca sugli esiti occupazionali di diplomati nei Conservatori italiani, che ha condotto alla pubblicazione di un secondo volume, Vivere di musica. Una ricerca e 11 storie di giovani musicisti italiani. Nel 2017 ha intensificato il proprio interesse verso la divulgazione, creando “Doppia coppia”, una conferenza-concerto che ha portato a Milano, Napoli, Torino, Brescia e al Festival di Castello di Postignano in Umbria. “Dalla poesia alla musica” è il secondo progetto in questa direzione.
Fonte diretta


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