E' passato un anno dalla partecipazione alla Tavola Rotonda che aveva
il nome “Vivere al Musica” tenuta in Palazzina Liberty a cura
dell’organizzazione di AIMA.
Avevo scritto un articolo a proposito che trovate nell'archivio del 2018.
Avevo scritto un articolo a proposito che trovate nell'archivio del 2018.
Proprio nel mese di Aprile la stessa associazione in
collaborazione con UTE Milano e i Lyons, ha promosso due giornate di studio
sugli stessi temi.
Ho partecipata alla prima giornata ascoltando gli interventi
dei Maestri Annibale Rebaudengo, Sergio Lattes e Ettore Napoli (sostituito all'ultimo
per una indisposizione da Luca Vonella)
Qui sotto avete la scaletta degli interventi e il tema di
ciascuno.
La presentazione dei relatori è stata fatta da Angela Feola
e Tommaso Napoli.
Angela Feola, prima di dare il via ai relatori, fa
riferimento proprio alla manifestazione tenuta l’anno scorso. Il taglio delle
relazioni di quest’anno vogliono essere più storiche ed entrare in un’analisi
più specifica di taglio sociologico, didattico e amministrativo.
Tommaso Napoli, presidente dell’AIMA, ci fornisce alcuni
dati essenziali ma indicativi della diversa situazione della musica amatoriale
in Italia e in Europa e negli Stati Uniti.
I dati ci dicono come in Italia la musica amatoriale sia ancora poco
sviluppata nel settore musica classica sinfonica e da camera.
La parola
passa ad Annibale Rebaudengo, che
esprime le sue riflessioni sulla componente didattica ed emozionale
nell'avvicinarsi alla pratica strumentale da adulti. Le sue riflessioni
scaturiscono dalla sua personale esperienza pluridecennale di insegnamento nell'ambito
accademico e amatoriale di pianoforte e da studi e letture compiute per
approfondire l’argomento. Il M° Rebaudengo ci fa riflettere sul fatto che lo
studio della didattica e delle capacità di apprendimento di uno strumento
musicale fino a d’ora si è occupato della fascia di età che va da 0 a 6 anni o
al massimo fino all'età della maturità (18-20).
Oggi si
parla molto di educazione permanente e questa si può suddividere in due grandi
gruppi.
1) L’educazione
di riqualificazione professionale che diventa obbligatoria o assolutamente
necessaria perché in ogni lavoro oggi ci sono delle continue necessità di
riqualificazione (vedi, per esempio alfabetizzazione dell’informatizzazione). Questo
è un apprendimento imposto e non sempre ben accolto e piacevole.
2) L’educazione
permanente liberamente scelta come crescita personale che può abbracciare
moltissime discipline e arti tra cui anche la musica. Questa attività è liberamente
scelta.
La didattica
musicale per adulti ha avuto uno sviluppo maggiore negli Stati Uniti anche in
termini di pubblicazione ben inserite in un mercato editoriale e commerciale.
L’affrontare
l’apprendimento di uno strumento o del canto da adulti (sia come primo
approccio che come ripresa di una esperienza giovanile abbandonata) può avere
molteplici aspetti emozionali e di aspettative.
Negli aspetti emozionali si ritrovano anche la ricerca di nuovi mezzi
per la cura di sé, che oggi va tanto di moda. Cercare una gioia e un benessere
attraverso la conoscenza e la pratica delle arti porta anche all'approfondimento
di sé stessi.
Le diverse
aspettative degli adulti che non sono più necessariamente legate al
conseguimento di titoli di studio professionali, non possono essere sottaciute
nel rapporto tra allievo e studente ma anzi hanno bisogno di essere esplicitate
ed accolte nel piano formativo. L’insegnate e l’allievo non dovrebbero iniziare
il loro rapporto senza aver prima negoziato e stabilito degli obbiettivi di
massima da raggiungere modulati in base alle aspettative dell’allievo.
L’allievo adulto vuole sapere (a differenza del bambino e del ragazzo per i
quali gli obbiettivi sono per lo più dati dal piano formativo dell’istituzione)
se potrà farcela ad ottenere ciò che si prefigge e l’insegnate dovrà spiegare
realisticamente il percorso e l’impegno richiesto per potere raggiungere in un
arco di tempo realistico l’obbiettivo. Il metodo che potrà essere seguito non
sarà lo stesso che si utilizza per i ragazzi ma il più possibile tagliato in
base alle capacità cognitive di ciascuno allievo.
In età adulta di solito il
fattore tempo per lo studio è una discriminate da tenere in considerazione.
Altro fattore è la capacità motoria completamente diversa tra giovane e adulto.
L’apprendimento di automatismi che permettono a chi suona di trovare
soddisfazione nel suonare dovrà passare da proposte di esercizi tecnici mirati e
scelte di repertorio adeguati. L’adeguamento dovrà essere fatto seguendo il
fattore psicofisico dell’allievo e il suo gusto già formato verso la musica che
più preferisce.
È proficuo
partire dal proprio territorio culturale per iniziare un percorso musicale che
poi potrà anche estendersi a successive curiosità e ampliamenti di orizzonte in
futuro.
Un altro
fattore determinante nell'apprendimento da adulti di una disciplina musicale è
la disponibilità dell’allievo a mettersi in gioco e riuscire a “tornare
fanciullo”. Questo non è sempre facile per motivi psicologici, di tranquillità
d’animo, disponibilità di tempo. Spesso l’adulto fatica ad apprendere per
“immersione” o “imitazione” come fanno i bambini e i ragazzi, mentre utilizza
molto il fattore ragionamento. Il fattore ragionamento non è sempre utile ad
apprendere abilità motorie, anzi alle volte lo inibisce. Egli vuole sapere
subito perché deve fare quel movimento, perché deve fare quella tecnica e vuol
verificare col ragionamento nei dettagli tutto il percorso che dovrà fare
volendo aver chiari sin dall'inizio tutti i passaggi richiesti. Sono tante e
minuziose le domande che fanno gli adulti e l’insegnate deve esser preparato a
questo.
Il M° Rebaudengo
sostiene che il percorso di apprendimento di uno strumento musicale da adulti funzionerà
meglio se se supportato da un insegnate anziché fatto da autodidatta. Si
risparmia una notevole quantità di tempo, visto che poi gli adulti ne hanno
meno a disposizione, e non si rischia di inventare e improvvisare percorsi che
possono anche essere deleteri.
Il secondo
intervento è del M° Sergio Lattes.
L’argomento è in linea di massima la
relazione tra l’apprendimento accademico e quello amatoriale nei conservatori e nelle scuole musicali.
Come è visto il settore amatoriale da
parte dell’istituzione accademica del conservatorio? Il M° Lattes ci dice che
dopo aver posto domande specifiche riguardo a corsi amatoriale tenuti nei
conservatori solo quattro istituzioni hanno riposto sui circa 75 istituti italiani.
I quattro conservatori sono
Ravenna: incontri di coro per adulti
con alfabetizzazione teorica musicale; Storia della musica per adulti
Como: Seminari
estivi per amatori
Verona: Corsi
liberi di strumento per amatori
Padova: Corsi
per amatori senza livelli ne limiti di età; orchestre e gruppi da camera aperti
anche agli amatori
Nel conservatorio di Milano sono presenti corsi per adulti a
cura dell’associazione Cpsm - Corsi Popolari Serali di Musica – E’
un'associazione culturale senza fini di lucro, che si propone di promuovere la
cultura musicale per gli adulti attraverso un'ampia offerta di attività
didattiche multidisciplinari. che funzionano dal 1982
Dopo aver fatto questa indagine Sergio
Lattes ha contattato il presidente dei direttori dei conservatori, Antonio
Ligios per avere informazioni sulle situazioni che si sono venute a creare dopo
la riforma e verificare gli aspetti professionalizzanti dell’istituzione
musicale.
Scopre che
non esiste nessuna analisi sugli esiti professionali dei diplomati. Il
Consorzio interuniversitario AlmaLaurea nato nel 1994 che si occupa di
statistiche universitarie a livello nazionale e internazionale non ha nessun
dato sui conservatori italiani. I singoli conservatori non hanno possibilità di
fare in proprio una ricerca sul destino lavorativo degli allievi diplomati
nella loro immissione nel mondo del lavoro negli anni successivi al diploma.
Vi è un dato
illuminante fornito dal Gruppo operativo dei docenti di Didattica musicale che
dice che la formazione dei conservatori è da sempre orientata a formare concertisti
e lo è tuttora. Le prospettive di lavoro invece sono per 85% verso
l’insegnamento, ma quest’ultimo è considerato dalla maggior parte dei musicisti
solo un ripiego. Vi sono altri dati che riguardano la quantità di persone che
studiano musica nei primi anni di vita che è notevole e per contro c’è una grande
dispersione dopo i 13 anni e nelle superiori dove, a parte il liceo musicale istituito
da poco, non è previsto nessun tipo di insegnamento musicale né pratico né
teorico né storico. Sergio Lattes prosegue illustrando la situazione dei
conservatori post-riforma che per altro non è ancora definitivamente compiuta,
i quali dovrebbero occuparsi dell’istruzione universitaria e non più della
formazione primaria.
Purtroppo,
questa cosa non avviene per due motivi, uno di ordine didattico e un di ordine
pratico. Per quanto riguarda la didattica, l’insegnamento dello strumento è
considerato ancora una sorta di praticantato esclusivo tra maestro e allievo e
non c’è una didattica condivisa a livello nazionale sulle discipline
strumentali.
A tal proposito, aggiungo io, questo
succedeva anche se i programmi dei Conservatori italiani erano uniformati a
livello nazionale. La gelosia che ogni insegnante ha nei confronti del collega,
sia esso nello stesso istituto che tra istituti diversi e la presunta certezza
di essere i soli depositari della conoscenza del “suonar bene” ha avuto e forse
ha ancora, il deplorevole scopo di evitare che gli allievi possano guardare al
di là della propria classe pena la scomunica a vita dell’allievo stesso. Alto
tradimento era considerato se un allievo prendeva informazioni e guardava nuovi
orizzonti con altri insegnanti. La
maggior parte degli insegnanti ritiene davvero l’allievo di sua esclusiva
proprietà e vuole che esso inizi e finisca con lui il percorso formativo sullo
strumento.
Prosegue il
M° Lattes;
L’altro motivo
è di ordine pratico: se non si accolgono gli allievi anche molto giovani il
numero degli allievi cala paurosamente e le cattedre diventano a rischio.
Larga parte dell’abbandono
dello studio musicale degli allievi sopra i 14/15 anni è dovuto al tipo di
formazione molto selettiva e indirizzata alla prospettiva di diventare solisti
e concertisti. Se l’allievo non riesce a sostenere questa visione si demoralizza
e abbandona la scuola e cosa ancor più deleteria si disinnamora del tutto della
musica. Ha subito una tale frustrazione durante l’approccio musicale che arriva
a odiare la musica stessa.
Nonostante
questa situazione sembra che stia comunque crescendo il numero degli amatori
che si accostano alla musica da adulti.
Infatti,
interviene il M° Rebaudengo, ci sono istituzioni musicali private che,
soprattutto nelle grandi città, vantano un numero di allievi da fare invidia ai
conservatori. Queste istituzioni fanno fatica a trovare insegnanti e quelli che
provengono dal settore classico accademico devono seguire corsi di
aggiornamento sulla didattica perché ritenuti inadatti ad insegnare la musica
popolare moderna. Rebaudengo sostiene che non è ammissibile che l’insegnate diplomato
in Conservatorio non si idoneo ad insegnare perché dovrebbero essere proprio i
conservatori a dare questa professionalità.
Ci sono poi
le realtà delle scuole private e comunali sparse sul territorio molte delle
quali sono scollegate dal conservatorio più vicino che invece potrebbe avere un
ruolo di monitoraggio e, dico io, un possibile sbocco lavorativo dei futuri
diplomati. Ci sono in questo ambito realtà molto intelligenti che hanno
strutturato meglio questo dialogo. Una di queste è il conservatorio di Como.
Un altro fattore
importante da non sottovalutare è quello della frequenza richiesta nelle prima
fasi di apprendimento di uno strumento musicale. Questa dovrebbe essere il più
possibile assidua, regolare e con cadenza settimanale per i ragazzi (e io dico
anche per gli adulti amatori) ma spesso la sede del conservatorio non è
facilmente raggiungibile.
Io credo che, a maggior ragione, il
ruolo delle scuole sul territorio dovrebbe essere incentivato. Queste
dovrebbero poter offrire una buona preparazione di base musicale e teorica
sullo strumento e per il canto con l’aggiunta di momenti di esperienze musicali
socializzanti atte a non demotivare il ragazzo e a tenere vivo l’interesse per
l’amatore. Diventerebbero veri centri di scambio culturale musicale e avere
buoni contatti con il conservatorio di zona per poter indirizzare i futuri
professionisti qualora ne abbiano davvero in numeri e la determinazione. Invece
conservatori e scuole di musica spesso sono in competizione e non si parlano.
Le domande che sono scaturite a
questo punto sono:
Ma chi si deve occupare della
formazione dei primi anni di musica dei ragazzi?
Chi si deve occupare
dell’insegnamento degli amatori?
Il maestro Lattes sostiene che per
contribuire ad un vero cambiamento nel settore ci dovrebbe esser maggior
offerta musicale nelle scuole primarie fatto da insegnanti veramente preparati
e lasciare ai conservatori la specializzazione di concertisti e di veri
insegnanti qualificati e motivati.
Purtroppo, mi viene da aggiungere, lo stato italiano ha sempre abdicato e
continua a farlo a qualunque inserimento della musica ben organizzata e
riconosciuta nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie generali.
Rimangono alla fine solo scuole territoriali musicale e le medie ad
indirizzo musicale (non presenti in tutto il territorio nazionale) a formare i
ragazzi nei primi anni di studio.
Le scuole musicali, con la loro variegata organizzazione che solo
occasionalmente ha delle punte di eccellenza, hanno strutture amministrative
diversissime: scuole civiche comunali, scuole private, cooperative, bande
musicali. Regolano il rapporto con i professori in maniera altrettanto diversa
e quasi nessuna dà una certezza economica e di continuità contrattuale
demotivando la figura del professore o maestro di musica, per cui chi studia
musica con l’intenzione di farne una professione non potrà davvero ritiene
dignitosa la professione l’insegnamento.
Già la figura dell’insegnate in Italia non è ritenuta una professione
grandemente rispettabile, ma quella del professore di musica appare sull'ultimo gradino della scala sociale.
L’ultimo intervento è stato di ordine
storico: La musica amatoriale dal 1600 al 1800 a Milano e in Europa con un
occhio particolare alla situazione milanese ottocentesca.
Luca Vonella, direttore artistico del gruppo Ensemble Hornpipe di Milano, ha sostituito Ettore
Napoli che per un’indisposizione non ha potuto partecipare all'incontro.
Dopo i tre interventi ci sono state
delle domande da parte del pubblico dalle quali è scaturito una sensibilità
verso la situazione amatoriale e le problematiche didattiche che ne conseguono.
Un intervento l’ha fatto anche Daniel Kelerhalls, presidente della
Federazione Orchestre Amatoriali Europee che parlerà nel prossimo incontro, in
cui ha raccontato della sua personale esperienza. Egli da giovane studiò corno
con un musicista prima parte di una importante orchestra e poi volle tentare
l’audizione per un posto di lavoro in orchestra. L’audizione non andò bene, ma
la passione per la musica rimase talmente forte che si dedicò da allora a
coltivarla come piacere personale e con molta determinazione fondando la
Federazione. Nel suo intervento ha voluto puntualizzare anche il valore sociale
della musica che spesso non viene valorizzato dai professionisti stessi.
Direi che molti temi sono stati per me una conferma di ciò che già personalmente
ho verificato nel corso degli anni come arpista professionista e altri temi mi
hanno dati nuovi spunti e idee.
Colgo come dato fondamentale che c’è molta voglia di lavoro e movimento nel
settore musicale ma le esperienze rimangono per la maggior parte isolate e non
contribuiscono a creare davvero una situazione ben organizzate che potrebbe
essere proficua per tutti: professionisti e amatori.
Ci vediamo
alla seconda giornata di lavori
p.s. ho messo in corsivo i miei pensieri riguardo l'argomento e mi scuso fin d'ora se ho dimenticato qualche concetto espresso durante le conferenze. Sono disponibile a chiunque voglia aggiornare o aggiungere pensieri sull'argomento. Scrivetemi via mail. Grazie
Annibale Rebaudengo è docente di Pianoforte e Metodologia dell’insegnamento strumentale preso il Conservatorio di Milano. Ha pubblicato saggi sui processi dell'apprendimento musicale/strumentale per le edizioni LIM, EDT, ETS e il libro per pianisti principianti Leggere e improvvisare, Carisch. Scrive periodicamente su Musica Domani. Affianca all'attività didattica e di ricerca quella concertistica in paesi europei ed extra-europei.
Sergio Lattes
Pianista napoletano, formato alla rigorosa scuola di Vincenzo Vitale, Sergio Lattes ha coltivato una passione giovanile per la musicologia (ha firmato anche alcune voci del Grove’s), e ne ha conservato il gusto per i ragionamenti sulla musica, e per la sua divulgazione. Vive a Milano, dove per vent’anni è stato il pianista dell’Orchestra sinfonica della Rai. Predilige da sempre la musica d’insieme, collabora con strumentisti e cantanti e ha suonato anche in Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti. Si è occupato intensamente di musica contemporanea. Ha diretto insieme con Philippe Daverio i Concerti ASM, una delle prime e più brillanti esperienze di collaborazione fra musica e mondo non-profit. In veste di consulente del Comune di Milano ha promosso nuove iniziative musicali dell’Amministrazione, e accompagnato la nascita delle “Settimane Bach” con la Società del Quartetto. Ha insegnato Pianoforte nei conservatori di Torino, Milano e Genova. Ha tenuto inoltre gli insegnamenti di Lettura estemporanea, Letteratura pianistica, Pianoforte in orchestra, nei corsi accademici di primo e secondo livello. Per il progetto europeo “Working with Music” ha curato il volume Giovani che vanno all’estero, una serie di colloqui con giovani musicisti corredata da contributi di Giunio Luzzatto, Andrea Cammelli, Jeremy Cox e altri. Nell’ambito dello stesso progetto ha recentemente condotto una ricerca sugli esiti occupazionali di diplomati nei Conservatori italiani, che ha condotto alla pubblicazione di un secondo volume, Vivere di musica. Una ricerca e 11 storie di giovani musicisti italiani. Nel 2017 ha intensificato il proprio interesse verso la divulgazione, creando “Doppia coppia”, una conferenza-concerto che ha portato a Milano, Napoli, Torino, Brescia e al Festival di Castello di Postignano in Umbria. “Dalla poesia alla musica” è il secondo progetto in questa direzione.
Fonte diretta
Nessun commento:
Posta un commento