La scalinata del salone di Villa Mazzotti a Chiari
Ormai da qualche anno a Chiari si svolge un festival
dedicato all'arpa e siccome abito vicino, appena posso vado ad ascoltare i
concerti.
Si chiama Festival dell'arpa perché affianca ai master
d'arpa una serie di concerti pubblici di ottima qualità.
Nella Villa Mazzotti si sono tenuti tre corsi: il master di
arpa classica con le due insegnanti, Anna Loro e Elisabeth Fontan-Binoche, un
corso di arpa antica con Mara Galassi, e un corso di improvvisazione con
Lincoln Almada.
Insieme ai corsi d'arpa si è tenuto anche un master di canto
lirico condotto da Lia Lantieri.
Le proposte concertistiche hanno giustamente
"sfruttato" gli insegnanti e la locandina dettagliata la trovate in
un precedente articolo.
Purtroppo, per una serie di concomitanze tra i mie impegni e
le date dei concerti non ho potuto parteciparvi come avrei voluto, ma di due
incontri posso farvi conoscere i particolari.
Una mia allieva, Elena Ferri, ha ascoltato il concerto di
Almada e Zitello e ve lo racconta in un suo scritto che trovate qua sotto.
Ho invece potuto assistere al seminario che Sara Simari ha
tenuto venerdì nel pomeriggio sul repertorio e i protagonisti del scuola d'arpa
del conservatorio napoletano S. Pietro a Majella tra '800 e il '900.
Un seminario che Sara Simari ha condotto con passione
introducendo l'argomento prettamente arpistico con un prologo sull'epoca
storica in cui le istituzioni napoletane musicali si sono originate e
sviluppate.
Il suo spiegarci di musicisti, arpisti e repertorio aveva un
po' il sapore della consegna del testimone che forse Mirella Vita, arpista
scomparsa da due anni con il pallino della musicologia, avrebbe voluto. Era lei
infatti che ogni anno spiegava delle sue scoperte e proponeva con entusiasmo quelle
ancora da venire. Una ricerca costante dettata dal fatto che l'arpa a pedali
spesso si sente orfana di repertori.
D'altra parte non può che essere così, visto che il suo
brevetto data 1811 e per i 20/30 anni successivi competeva con il passato delle
sue più antiche parenti.
Il Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, visto che è
un istituto ricco di storia con un archivio che ancora deve essere
"catalogato e scoperto" (ma noi italiani ci rendiamo conto di
quante cose abbiamo e continuiamo a dimenticarci?) per ciò che riguarda l'arpa nasconde opere di pregio.
La cattedra di arpa di questo Conservatorio, come Sara ci ha
ricordato, ha portato grandi nomi e composizioni che meritano una certa
attenzione e ha contribuito a formare una generazione di arpisti che sono
diventati famosi non solo in Italia.
Durante la trattazione, Sara ha suonato con gusto alcuni
di questi brani che ha riscoperto e dei quali proprio lei ne ha inciso una serie
in una produzione discografica supportata anche dal conservatorio
"F. Torrefranca" di Vibo Valentia che porta in titolo "Rimembranze di Napoli".
"F. Torrefranca" di Vibo Valentia che porta in titolo "Rimembranze di Napoli".
Le quasi due ore di seminario sono passate in un lampo e la
conoscenza approfondita di Sara Simari è stata condita con alcuni aneddoti
simpatici tratti dai metodi citati.
L'unica perplessità che mi è rimasta è questa: Mirella Vita
ha passato il suo tempo ad aborrire le trascrizioni per arpa, come quelle che
spesso noi facciamo in occasione di intrattenimenti e concerti (trascrizioni di
canzoni di musica leggera o brani per altri strumenti) e ora si vanno a
riscoprire opere, se pur pregevoli, che altro non sono che trascrizioni di
brani d'opera o di canzonette napoletane (certo le grandi canzoni napoletane
ormai entrate nella storia della musica…)
che all'epoca altro non erano che la modernità e la moda!!!
A me non dispiacciono, ne quelle dell'ottocento ne quelle di
oggi se sono fatte con maestria e se servono ad intrattenere il pubblico in
determinate occasioni, ma cose ne penserebbe Mirella?
Forse sarebbero piaciute anche a lei!
La serata del sabato è stata dedicata ai saggi degli allievi
e anche per quest'anno l'arpa ha lasciato la sua traccia in quel di Chiari!
La
riscoperta delle tradizioni perdute: Lincoln Almada e Vincenzo Zitello insieme
a Chiari
Di
Elena Ferri
Il
viaggio inizia dalla fine del mondo. Tra le cime innevate delle Ande nasce una
tradizione arpistica risalente ai padri gesuiti del XVII secolo, di cui Lincoln
Almada è un alfiere
d'eccezione.
Il
Festival "Le arpe in villa" 2013 a Chiari (BS), ha visto Lincoln
Almada e Vincenzo Zitello impegnati in
un dialogo tra tradizione sudamericana e tradizione celtica. Due visioni di
ricerca e ispirata restaurazione di tecniche e suoni che si credevano perduti.
Almada
trascina il pubblico nel cuore del Sudamerica con la sua arpa diatonica,
vibrante, drammatica e incantevolmente
graffiante. Molte storie vengono narrate e molte terre risuonano con le
loro inconfutabili melodie, ma sotto la vigile luna calante prende vita la
storia d'amore di un indio: tradito dalla sua donna, egli cede al dolore. La
perdita, la disperazione, si fondono in un turbinio di accordi incalzanti,
irruenti, che sostengono la danza del dolore fino al suo inevitabile esaurirsi.
Dare
voce a un arpa, che ha taciuto per più
di due secoli, permettendole di vivere una nuova giovinezza all'interno di una
solida tradizione, è il
merito più grande di
Vincenzo Zitello.
Dalle
brume del mito rinasce l'isola di Ys; il dialogo-scontro tra un basso
incalzante e un tema energico, è
esalato dalla trascinante potenza sonora dell'arpa bardica. In contrasto Annina,
con la dolcezza della melodia e la
ricchezza del suono, risponde alla chiamata della più stretta tradizione scozzese.
La
commistione tra il suono potente dell'arpa bardica (con le corde di solo
metallo) e la rotondità di
quello della celtica (con corde in nylon e di metallo) è espresso appieno in Celtic Raga. Un brano che trae ispirazione dai pibroch scozzesi,
ovvero la musica tradizionale scozzese per cornamusa, molto diffusa nelle
Highlands, e le ritmiche peculiari dei Raga indiani.
Almada
e Zitello sono due eccezionali interpreti di due tradizioni musicali molto
lontane, non solo geograficamente. Insieme, una commistione di stili: dal jazz,
fino a sonorità più latine, grazie al cajón peruviano suonato da Almada,
che arricchisce la produzione originale di Zitello di una ritmicità semplice e coinvolgente,
trasportando il pubblico in un viaggio alla scoperta di tradizioni credute
scomparse.
Per
chi volesse conoscere meglio la musica di Vincenzo Zitello:
http://www.vincenzozitello.it/
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