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domenica 27 maggio 2012

L'arpa classica francese e la celtica bretone…ovvero grandi arpeggi tra Stivell e Mégevand.





Come dice Anna Pasetti nell'introduzione del suo libro L'ARPA "…come sia assolutamente fuori luogo parlare di evoluzione (intesa in senso darwiniano), se non nel senso di una maggiore specializzazione strutturale" a proposito degli innumerevoli cambiamenti strutturali dello strumento vorrei estendere questo concetto anche ai diversi cambiamenti di stili musicali che si sono susseguiti e si susseguono nel repertorio arpistico.

Concetto questo che applico ad una piccola riflessione riguardo al microcosmo arpa celtica nel periodo Alan Stivell – Denise Mégevand.

Stavo in questi giorni risuonando i brani dell'album "Renaissence de la harpe celtique" di Alan Sivell attraverso la lettura dagli spartiti.
I titoli dei brani evocano diverse tipologie: tradizionale bretone, tradizionale, irlandese, danza scozzese.
Li suonavo leggendoli dalla spartito ma con esito assai discutibile.
Non "entravo nel personaggio", come si suol dire in gergo teatrale.


Dopo l'ascolto della registrazione su cassetta (i vecchi tapes…) del 1972, già andava un po' meglio.
Allora pensavo alle lezioni di Gràinne Hambly e del metodo "by ear" di Janet Harbison, e ho pensato che fosse perché leggevo lo spartito invece di suonare ad orecchio e interiorizzare la musica.
Naturalmente la scrittura musicale non può scrivere tutti i respiri di questa musica molto epidermica, come non lo fa con i brani tradizionali irlandesi e le mille possibili variazioni della melodia e del basso.
Come il jazz…
Un po' è anche questo, ma c'era qualcosa che ancora che non capivo.
Le danze e le arie tradizionali irlandesi del loro repertorio poco hanno a che fare con quelle di Stivell e non è solo una questione di metodo di studio.

Troppi arpeggi su e giù per la cordiera; ritmo tutt'altro che ballabile e tonalità che girano intorno ai bemolli.
Certo, gli studi di base di Stivell furono di scuola assai classica e assai Parigina.
Allora metto sul leggio il metodo della sua insegnante, Denise Mégevand, e tutto è più chiaro.

M'immergo nello studio degli esercizi e dei brani che Madame Mégevand propone e sento echeggiare Stivell.

Con ciò voglio dire che l'evoluzione della musica non può essere e mai sarà anch'essa di principio darwiniano, ma "corsi e ricorsi" e contaminazioni sono continui e costanti e gli elementi si travasano dal colto al folk, dal pop al primitivo in continuazione.

Denise Mégevand, di solida scuola francese dell'arpa a pedali (fu allieva di Lily Laskine, e non so se mi spiego...) compie un passo verso la riscoperta della celtica perché il suo più celebre e precoce allievo ha un padre liutaio che vuole a tutti i costi riportare in luce la mitica arpa celtica.
Già che c'è, segue il filone e compila un metodo che sta in mezzo tra la tecnica arpistica classica e la ricerca di un repertorio possibile per il piccolo strumento.
Sarebbe interessante raccogliere informazioni più dettagliate su quanti allievi hanno utilizzato lo stesso metodo e su cosa ne abbiano fatto. Per ora ho solo un modello da studiare: appunto, Stivell.
Ecco che Denise Mégevand raccoglie melodie tradizionali bretoni, scozzesi e irlandesi che sviluppa con accordi e arpeggi di gusto post debussiano esemplificati per la celtica e articolati in variazioni che utilizzano la tecnica arpistica classica della sua epoca. Completano la raccolta di brani del metodo alcuni spunti di musica medioevale e alcuni brani di sua composizione.

Stivell quindi ha fondato la sua "manualità" arpistica sul metodo classico e ha recepito il gusto tonale ricercato dell'arpa classica di metà novecento e l'ha poi innestato sul gusto del pop tipico degli anni '70 facendone un prodotto molto personale. La sua ricerca musicale prosegue nei decenni successivi articolandosi tra complessi pop franco-inglesi e la ricerca sonora sullo strumento arpa che viene costruita e rinnovata in numerose fogge, prima in collaborazione con il padre e poi con diversi liutai.


Apprende la tecnica di altri strumenti (la bombarda e la cornamusa) e sviluppa il canto. Continuerà ad alternare spettacoli e incisioni dove canta o si produce in brani esclusivamente strumentali.
Dall'arpa a corde di nylon passa all'arpa a corde di metallo alternando arpe acustiche munite di amplificazione ad arpe puramente elettriche (senza cassa né tavola armonica). Per intenderci, l'antenata della Baby-Blu Camac usata da Deborah-Hanson Conant.

Ecco così avvenuta un'osmosi tra generi che apparentemente potevano sembrare assai lontani.
A questo punto suonare Stivell diventa più facile, ma riprodurre un tale modello è pressochè impossibile.
Troppo personale. Ma per lo studio, alternare lui e la sua insegnante, può essere utile e può aggiungere materiale per possibili nuove contaminazioni.

Che dire: la tecnica della classica proprio male non fa!


Alan Stivell & Angelo Branduardi '82 - Le Grand Echiquier

4 commenti:

  1. Continuo a preferire le primissime cose di Stivell, più in là mi sembra si sia sfociati spesso nel kitsch (anche se la colpa va forse imputata a certi processi di produzione tipici degli anni '80, che hanno rovinato parecchie belle cose).

    Esistono cose pubblicate e reperibili della Mégevand? Sarebbe gradevole dar loro uno sguardo, nella mia pochezza di studente...

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  2. Ciao Zosimos,
    ti mando il titolo e l'editore del metodo di Denise Mégevand e oltre a questo ci sono molti suoi brani in commercio che potrai trovare facilmente anche in internet.
    Il metodo presuppone di saper leggere la musica e può essere utile per esercitare gli arpeggi sia a tre che a quattro dita, oltre che farsi un'idea del mondo dell'arpa a cavallo tra la classica a la celtica.

    Denise Mégevand
    Jouer et Apprendre - L'Enseignement de la Harpe irlandaise
    United Music Publishers

    In internet trovi anche alcune sue incisioni. Io non le ho mai sentite, ma dovrebbero essere interessanti.

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    1. Buonasera a tutti. Quando si tira in ballo il caro vecchio Alan non posso resistere, anche se forse non ho niente da dire...
      Per quello che capisco io l'analisi di Rosangela è bellissima. Credo si possa applicare a tutta l'arte... credo che ogni colpo di genio, anche il più assoluto, possa avere una radice, anche inconscia, in qualcosa di precedente che ha toccato l'anima dell'artista. L'evoluzione artistica può quindi intendersi come un concatenarsi di esperienze e ricerche personali, che magari si rifanno a creazioni passate, e su cui a volte si innestano interventi trasversali. Mi viene da pensare a quando certe influenze rock e funk hanno incrociato il jazz facendo nascere la fusion. Mah...
      Ritrovo con piacere Zosimos, che ancora una volta invito a scrivermi sul mio account personale per rievocare un comune passato metallico... (passato, poi micca tanto... l'11 Maggio sono andato con mio figlio a Mantova a vedere i Judas Priest...). Anch'io penso che certe produzioni non abbiano giovato ad alcune cose di Stivell, anche se, intorno a quel periodo "Mist of Avalon" rimane uno dei miei album preferiti. Mi sono piaciute anche sue successive ricerche, ma solo dopo diversi ascolti. Per esempio "Là Bas, là bas" da "Explorer".
      Grazie Rosangela per avere introdotto l'argomento. Saluto tutti sperando che la terra qui da noi si rimetta buonina e smetta di tremare.
      Per Zosimos, se vuoi scrivermi... info@lorenzosentimenti.it

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  3. Ma che piacere leggerti Lorenzo!!!!
    Speriamo davvero che li da voi la terra si calmi un pochino.

    Lascio ai cultori di Stivell i loro commenti, io, per il momento mi limito a studiarne alcuni brani, magari con un piglio un po' classico....
    che volete: "deformazione professionale"

    Ciao a tutti e due.

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