sabato 29 marzo 2014

Il metodo di accordatura per arpa di Bochsa

Lo spauracchio di ogni arpista è l’accordatura del proprio strumento. Alzi la mano chi si diverte ad accordare l’arpa ed è soprattutto sempre soddisfatto del risultato! Se siete stufi di passare, come dice una battuta, metà del vostro tempo ad accordare e l'altra metà a suonare scordati, continuate a leggere.

Con l'avvento degli accordatori elettronici le nostre vite (almeno per quanto riguarda l'accordatura) sono apparentemente diventate più facili, per certi versi, rispetto a quelle degli arpisti dei tempi passati, ma in realtà gli accordatori ci hanno (im)posto alcuni nuovi problemi.

Vi è mai capitato di accordare con grande cura l’arpa usando solo l’accordatore e scoprire con disappunto che diverse corde non sono intonate al meglio? Se avete un orecchio discretamente sensibile avete fatto centro: è effettivamente così. Il sistema di accordatura utilizzato dagli accordatori elettronici, benché matematicamente preciso, ha alcuni difetti.

Ricordo una volta in cui il tecnico aveva registrato le levette della mia arpa, accordando meticolosamente corda dopo corda con una meraviglioso accordatore stroboscopico, roba da fantascienza. Alla fine mi dice “ora prova l’arpa”. Io mi siedo, suono qualcosa e dico con una smorfia “ma è scordata!” (Devo dire che ho un orecchio piuttosto sensibile…)

Come può essere? Ebbene, uno dei grandi interrogativi della musica per centinaia e centinaia di anni, è stato come fare perché uno strumento ad intonazione fissa, come ad esempio il pianoforte, il clavicembalo, l’organo o l’arpa, possa suonare “intonato” in tutte le tonalità. Questo avviene perché le scale che usiamo oggi nella musica occidentale, divise in dodici suoni, hanno alcuni scomodi rapporti matematici che regolano gli intervalli tra le note che compongono la scala stessa.

E’ un argomento enorme e molto complesso, quindi ne darò solo una spiegazione molto semplice il cui scopo principale è quello di spiegare il motivo per cui si può avere sperimentato un po' di confusione accordando solo con l’accordatore elettronico, e perché potreste desiderare di prendervi la briga di adottare un altro sistema.

La prima cosa che dobbiamo considerare è ciò che accade quando le note sono ben accordate secondo il giusto rapporto matematico degli intervalli tra le note. Gli intervalli che risultano piacevoli per l’orecchio umano sono quelli che sono anche i più matematicamente stabili. Questo perché l’orecchio umano “è intonato” secondo l’Intonazione naturale o scala naturale. La scala naturale è quella costruita sui suoni armonici della nota fondamentale.

Mi spiego meglio. Quando io pizzico la corda di un Do, quel Do è composto da diversi suoni, chiamati armonici, il primo dei quali è il mio Do, seguito dal Do all’ottava superiore, dal Sol una quinta sopra il Do precedente, un altro Do una quarta ancora sopra, dal Mi una terza più in alto e così via. Questi sono i primi 20 armonici del mio Do:

1ª Do - 2ª Do - 3ª Sol - 4ª Do - 5ª Mi - 6ª Sol - 7ª La# - 8ª Do - 9ª Re - 10ª Mi - 11ª Fa - 12ª Sol - 13ª La - 14ª La# - 15ª Si - 16ª Do - 17ª Do# - 18ª Re - 19ª Re# - 20ª Mi

Notate che i primi sei armonici sono le note che costituiscono la triade dell’accordo perfetto di Do maggiore: Do-Mi-Sol. E voi che pensavate di sentire solo un semplice “Do”!...

Ecco come si calcola una scala naturale di un’ottava da Do a Do.

Partiamo da un Do di 24 Hz (primo armonico e prima nota della scala) che ha come secondo armonico 48 Hz, che è un altro Do all’ottava sopra e, quindi, l’ultima nota della scala.

Il terzo armonico di 72 Hz, eccede il limite della scala (che è 48 Hz) e deve essere abbassato d’ottava, 72 : 2 = 36 Hz e ricaviamo una nota intermedia: il Sol.

Il quarto armonico di 96 Hz non lo consideriamo perché abbassandolo d’ottava risulta un Do.

Il quinto armonico di 120 Hz, deve essere abbassato due volte 120 : 2 = 60 e 60 : 2 = 30 Hz e ne ricaviamo un’altra nota: il Mi.

A questo punto possiamo risalire alle altre note con pochi e semplici calcoli.

Dividendo la frequenza di una nota con quella di un’altra si stabilisce il rapporto dell’intervallo che le separa e con il quale si possono calcolare altre note.

Fra il Do alto e quello basso il rapporto è 48/24 = 2/1 (ottava), 24/48=1/2 (ottava inferiore).

Moltiplicando per 2/1 una qualsiasi frequenza si ricava l’ottava sopra, per 1/2 quella sotto.

Fra il Sol e Do abbiamo questi rapporti: 36/24 = 3/2 (quinta) e 24/36 = 2/3 (quinta inferiore).

Per analogia si ricavano le altre note. La quinta del Mi è il Si: 30 3/2 = 45. La quinta inferiore del Mi è il La: 30 x 2/3 = 20 x 2 = 40. La quinta del Sol è il Re: 36 x 3/2 = 54 : 2 = 27. La quinta inferiore del Do è il Fa: 48 x 2/3 = 32

Abbiamo adesso le sette note della scala diatonica naturale, ma non ancora l’entità delle alterazioni cromatiche (diesis e bemolli). Valutiamo, tramite i soliti rapporti, gli intervalli fra le sette note e ne ricaviamo la seguente tabella.

Nota                     Hz                             Rapporto                            Intervallo                           Cent

Do                          48

                                                             48/45 = 16/15                         Semitono                              112

Si                           45

                                                             45/40 = 9/8                           Tono maggiore                       204

La                          40

                                                             40/36 = 10/9                         Tono minore                           182

Sol                         36

                                                             36/30 = 9/8                           Tono maggiore                        204

Fa                          32

                                                           32/30 = 16/15                          Semitono                                112

Mi                         30

                                                           30/27 = 10/9                          Tono minore                            182

Re                         27

                                                          27/30 = 9/8                             Tono maggiore                         204

Do                         24

Analizzando i rapporti fra le note congiunte della scala, le seconde, vediamo che ci sono tre tipi diversi di intervallo:

1) Do-Re, Fa-Sol e La-Si hanno un rapporto di 9/8 (204 cent), il tono maggiore;

2) Re-Mi e Sol-La hanno un rapporto di 10/9 (182 cent), il tono minore;

3) Mi-Fa e Si-Do hanno un rapporto di16/15 (112 cent), il semitono;

Il rapporto fra il tono maggiore e quello minore, 9/8 : 10/9 = 81/80, è il cosiddetto comma sintonico che corrisponde a 22 cent, che è l’intervallo più piccolo del sistema.

Il rapporto fra il tono minore e il semitono, 10/9 : 16/15 = 25/24 (71 cent) dà origine ad un nuovo intervallo, più piccolo del semitono, che costituirà l’entità delle alterazioni cromatiche: il semitono minore o cromatico. Per ottenere i bemolli e i diesis è sufficiente dividere o moltiplicare la frequenza della nota da alterare per 25/24.

Complicato? Sì!

E’ impossibile per ogni nota nelle scale occidentali comunemente utilizzate rapportarsi ad ogni altra nota nella stessa scala in modo tale che tutte queste relazioni siano matematicamente stabili. Questo è il motivo per cui se avete mai tentato di accordare ad orecchio seguendo il circolo delle quinte (ricordatevi che l’orecchio umano gradisce molto il rapporto di quinta 3/2 che è una quinta “pura” ovvero non temperata), avrete certamente scoperto che alla fine alcuni degli intervalli suonano benissimo ed alcuni invece sono sgradevoli al limite dell’udibile, e ogni volta che si aggiusta qualche nota qua e là si finisce col peggiorare la situazione.

Per molti secoli musicisti e matematici hanno lavorato per trovare una soluzione concreta a questo problema giungendo a diverse opzioni. Quello che viene utilizzato oggi nel mondo occidentale è un sistema noto come Temperamento equabile. L'ottava è semplicemente divisa in dodici parti uguali. Il risultato è che nulla sarà perfettamente in tono, ma nulla sarà terribilmente stonato. E' un compromesso. Ci sarebbero molte considerazioni da fare sul temperamento equabile, ma non è questa la sede per cui rimando agli articoli: “Il Temperamento”, “Il mistero dell'orecchio assoluto”, “Johann Sebastian Bach e il Clavicembalo ben temperato”.

Qui mi limiterò a fare un paio di osservazioni. Fra tutti i vari temperamenti “di compromesso” utilizzati dal ‘600 ad oggi, quello equabile è il peggiore perché, a parte l’ottava, tutti gli altri intervalli sono “innaturali” (crescenti o calanti rispetto al loro rapporto matematico), particolarmente le terze maggiori (che nel temperamento equabile sono crescenti) e le quinte (che nel temperamento equabile sono calanti) sulle quali è costruita l’armonia occidentale degli ultimi tre secoli.

Quindi, mentre i cosiddetti “buoni temperamenti”, come il Werckmeister e molti altri, consentivano di suonare ben accordati in alcune tonalità, mentre lo strumento andava riaccordato per altre tonalità, col temperamento equabile si suona sempre fuori tono. Inoltre, proprio perché con buoni temperamenti i rapporti tra gli intervalli non erano tutti identici, ogni tonalità aveva un suo “sapore” particolare, cosa che non può avvenire col temperamento equabile perché in ogni tonalità i rapporti tra gli intervalli sono assolutamente identici. La seconda considerazione – alquanto divertente – è che nella pratica (soprattutto in orchestra) nessuno strumento (compresa la voce umana) suona esclusivamente secondo il temperamento equabile, ma a quest’ultimo vengono affiancati i temperamenti inequabili (infatti, archi, fiati e legni suonano, in generale, secondo l’Intonazione naturale). Anche qui si è dovuto trovare un compromesso.

Gli accordatori elettronici utilizzano il temperamento equabile (qualche modello avanzato dà la possibilità di utilizzare alcuni buoni temperamenti). Quindi, se accordate la vostra arpa interamente con un accordatore elettronico e poi vi sembra di sentire qualcosa di stonato, avete ragione! Tutte le corde sono solo leggermente fuori tono, perché, secondo il temperamento equabile, è sempre meglio che avere alcune corde intonate perfettamente ed altre fastidiosamente scordate.

Questo è il motivo per cui esiste la professione di accordatore di pianoforti e di organi. L’accordatura a questo livello è una miscela sottile e molto complessa di arte e scienza. Tra l’altro, gli organi costruiti fino a circa la metà dell’800 sono intonati secondo il Temperamento mesotonico. Ma gli arpisti, ovviamente, non hanno il lusso di poter impiegare un esperto e qualificato professionista di accordatura (anche perché, considerata la tendenza dell’arpa a scordarsi anche solo a guardarla sarebbe una inutile e dispendiosa perdita di tempo), e anche la musica più semplice può risultare sgradevole da suonare se l'arpa è leggermente scordata in tutta la sua gamma. Una nota stonata è una nota sbagliata. Anche la corda corretta suonata con la levetta o con il pedale sbagliati è una nota sbagliata. Che fare, quindi?

Ci sono diversi sistemi per accordare facendo una mediazione tra il temperamento equabile e l’intonazione naturale. Vi spiegherò ora quello che i migliori arpisti del mondo hanno usato per oltre 200 anni. Attenzione, non dico che sia il miglior metodo (ammesso che ne esista uno migliore), ma certamente è il meno complicato da imparare.

Questo metodo, tramandato oralmente per generazioni, fu messo per iscritto, nel 1820, dal famoso arpista, insegnante d’arpa e avventuriero (era un vero birbante!) Robert Nicholas Charles Bochsa. Il suo metodo di accordatura dell’arpa è straordinariamente accurato e pur essendo concepito per le arpe a pedali a doppio movimento (accordate in Dob) e per quelle a movimento singolo (accordate in Mib) va benissimo anche per le arpe irlandesi a levette le cui due accordature più usate sono Do e MIb.

Ecco prima di tutto una panoramica dei passaggi:

1) Accordate per prima la zona centrale dell’arpa. Questa area si estenderà dalla prima nota della tonalità in cui si sta accordando a una decima verso l’acuto. Ad esempio, se si sta accordando in Do, la parte che accorderete per prima comprenderà tutte le corde dal Do centrale fino al Mi dieci note più in alto. Se si sta accordando in Mib, il primo gruppo di corde che accorderete includerà la corda Mi due note sopra il Do centrale fino al Sol dieci note più in su.

Queste corde devono essere accordate in un ordine particolare, come spiegherò tra poco. Per ora, il punto importante è che accorderete per prima una specifica area della zona centrale dell’arpa.

Potete utilizzare un accordatore elettronico o un diapason per fornire la prima nota, oppure, se siete meno esperti nell'accordatura ad orecchio, potete iniziare questo processo utilizzando un accordatore elettronico per verificare l’intonazione, ma non affidatevi completamente all’accordatore!

2) Potrebbe essere necessario correggere leggermente l’intonazione delle corde che avete appena accordato, anche e soprattutto se avete utilizzato l’accordatore elettronico, sia per la precisione dell’accordatura stessa, sia per compensare i deficit del temperamento equabile. Sembra complicato, ma in realtà è semplice ed è anche un ottimo modo per iniziare a sviluppare l'orecchio.

Per operare questa correzione dovrete suonare una specifica sequenza di accordi, come spiegherò di seguito, ascoltando con attenzione ciascuno di essi e usando l’orecchio per regolare qualsiasi nota che vi risulti fuori tono. L'idea è quella di trovare una pratica via di mezzo tra il temperamento equabile e l'intonazione armonica perfetta che invece le vostre orecchie vogliono naturalmente sentire. E se tutti gli accordi suonano bene così come li avete accordati, anche con l’accordatore, questo non è un problema per ora. Diversi accordatori sono diversi tra loro e le vostre orecchie possono essere più o meno sensibili e/o esercitate. Questi accordi sono essenzialmente solo un controllo per fare in modo che se qualche suono dà fastidio potete aggiustarlo prima di proseguire. Quanto più si esegue l’accordatura in questo modo, tanto più il vostro orecchio diventerà più sensibile e più “scaltro”.

3) Quando sarete soddisfatti dell’accordatura di queste dieci corde nella zona centrale della vostra arpa, sarà sufficiente accordare le altre note per ottave, prima scendendo verso i bassi, poi salendo verso gli acuti e, possibilmente, ad orecchio.

La ragione per cui è bene procedere in questo modo è che, man mano che le note diventano più basse, le nostre orecchie percepiscono le ottave come meglio accordate se sono leggermente più larghe, il che significa che un'ottava suonerà più accordata se la sua nota più bassa è leggermente calante rispetto a quella che un accordatore elettronico sentirebbe come correttamente intonata. Questo procedimento è noto come “allargamento delle ottave” ed è un trucco ben noto degli accordatori di pianoforte (e di organi), sebbene loro lo facciano in modo molto preciso. Ma nel nostro caso, è sufficiente che le ottave suonino abbastanza accordate per noi.

Se siete molto inesperti con l'accordatura ad orecchio, l'accordatura per ottave è uno dei modi più semplici per iniziare a sperimentarla. Potete sempre tenere l'accordatore elettronico come guida, ma non consideratelo mai come una autorità suprema. Imparare a fidarsi del proprio orecchio è spesso ancora più difficile che imparare a sentire l'intonazione, più lo si fa, più fiduciosi si diventa. La stragrande maggioranza delle persone ha effettivamente o può sviluppare una grande capacità di ascoltare e percepire la “giusta” intonazione. E' una bella sensazione quando ci si accorge per la prima volta che se si ignora l’accordatore e si accorda una nota solo un po' più bassa, suona meglio.

Dopo aver accordato tutte le corde basse, suonate gli stessi accordi in ogni ottava come avete fatto nella parte centrale, per controllare che tutto “suoni bene” per il vostro orecchio.

Cosa intendo per “suonare bene”? Spiegarlo per iscritto è un po’ difficile, ma ci provo lo stesso senza dovervi parlare dei “battimenti” (le piccole oscillazioni provocate da un intervallo leggermente dissonante). Significa che se suono un accordo qualsiasi, per esempio Do maggiore (Do-Mi-Sol-Do), sia che lo suoni unito (armonicamente), sia che lo suoni leggermente e rapidamente arpeggiato (melodicamente), le quattro note devono dare all’orecchio la sensazione di “stare sulla stessa linea” sonora, nessuna di esse deve “sforare” dal punto di vista dell’intonazione. Devo arrivare ad avere quasi la sensazione di udire un unico suono composto da più suoni. Fate questa verifica, alterate una qualsiasi delle quattro note alzandola o abbassandola leggermente e riprovate l’accordo: “sentirete” subito che cosa sto cercando di dirvi a parole. La stessa sensazione delle quattro note tutte in una linea deve guidarvi anche con gli altri accordi.

4.) Accordate per ottave anche le corde acute. La prima nota sarà quella immediatamente successiva all'ultima corda alta che avevate accordato prima con l’accordatore. Stesso procedimento di prima: suonare sempre prima la corda che sappiamo essere accordata e poi quella che dobbiamo accordare. Questo perché il nostro orecchio percepisce come “corretta” la prima nota suonata, quindi fate attenzione a non invertire l’ordine altrimenti fate pasticci…

Lo stesso concetto di allargamento dell’ottava che abbiamo usato per accordare scendendo verso i bassi va usato anche salendo verso gli acuti. Utilizzate l’accordatore come riferimento se volete, ma prestate molta attenzione a ciò che sentite più che a quello che vedete (la lancetta e le lucine dell’accordatore) e scoprirete che anche nell’acuto le ottave suonano meglio se si ignora l’accordatore e le si accorda leggermente più larghe.

Le due informazioni rimanenti che vi occorrono per provare è l'ordine in cui si devono accordare le prime dieci corde, e gli accordi che si useranno per verificare la loro intonazione. Eccoli, dal metodo per arpa di Bochsa:

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Non preoccupatevi per i sette bemolli in chiave. Ignorateli completamente. Le arpe a pedali a doppio movimento (le moderne arpe da concerto), come dicevo, sono accordate in Dob maggiore, motivo per cui Bochsa utilizza questa tonalità, ma se accordate la vostra arpa in Do maggiore (o in qualsiasi altra tonalità) seguendo questo metodo funzionerà perfettamente.

Il segreto per leggere il diagramma è che la nota minima (o metà) è sempre quella che è intonata, e la semiminima (o quarto) è quella che deve essere accordata. Quindi quando vedete una metà e un quarto insieme, dovete controllare il suono del quarto contro quello della metà precedentemente accordata.

Per essere ancora più chiaro, l'ordine esatto delle note che dovete accordare, ad orecchio o con l’accordatore, come mostrato nel primo pentagramma del diagramma, è il seguente:

1) Do un'ottava sopra il Do centrale

2) Do centrale, poi verificatelo col Do appena accordato

3) Sol una quinta sopra il Do centrale, poi suonare Do-Sol-Do sia come accordo che come arpeggio per verificare tutte e tre le corde

4) Fa una quarta sopra il Do centrale, accordatelo partendo dal Do superiore, quindi verificatelo col Do centrale. Controllate l’accordo Do-Fa-Do

5) Re una nona sopra il Do centrale controllandolo con il Sol che sta una quinta sotto

6) Re sopra il Do centrale. Controllatelo con il Re appena accordato e poi in accordo Re-Sol-Re

7) La una quinta sopra il Re appena accordato controllandolo su questo, quindi verificate l'accordo Re-La-Re

8) Mi una quinta sopra il La appena accordato, controllandolo con questo

9) Mi un'ottava sotto il Mi appena accordato. Controllate l'accordo Mi-La-Mi

10) Si una quinta sopra il Mi appena accordato. verificate l'accordo Mi-Si-Mi

Fatto questo, suonate la sequenza di accordi nel secondo pentagramma del diagramma per controllare che tutto “suoni bene”. Eventualmente fate le correzioni necessarie. Dopo di che, passate all'accordatura per ottave, andando verso il basso e poi salendo verso l’acuto. Bochsa indica prima salendo; probabilmente non fa molta differenza, ma ho imparato ad accordare in primo luogo le ottave più basse perché sono le corde che esercitano una maggiora trazione sulla tavola armonica, quindi se sono accordate sarà più facile accordare il resto dello strumento e mantenere più a lungo (di poco…) l’accordatura.

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Per la tonalità di Mib (che ha le note Si, Mi e La bemolli) l'ordine esatto delle corde da accordare, ad orecchio o con l’accordatore, come mostrato nel primo pentagramma del diagramma, è questo:

1) Mi un'ottava sopra il Mi centrale (ovvero una decima sopra il Do centrale)

2) Mi centrale (una terza sopra il Do centrale), poi suonateli insieme per controllare

3) Si una quinta sopra il Mi centrale, poi suonate Mi-Si-Mi sia come un accordo che come un arpeggio per controllare tutte e tre le note

4) La una quarta sopra il Mi centrale, accordatelo con il Mi più acuto e quindi controllatelo con il Mi centrale. Verificare l’accordo Mi-La-Mi

5) Fa una nona sopra il Mi centrale controllandolo col Sì una quinta sotto

6) Fa un’ottava sotto il precedente, ovvero una nota sopra il Mi centrale. Verificare l'accordo Fa-Si-Fa

7) Do una quinta sopra il Fa appena accordato controllandolo con questo, quindi controllate l’accordo Fa-Do-Fa

8) Sol una quinta sopra il Do che avete appena accordato, da controllare con questo Do

9) Sol un'ottava sotto quello appena accordato. Controllate l'accordo Sol-Do-Sol

10) Re una quinta sopra il Sol appena accordato. Controllate l'accordo Sol-Re-Sol

Continuare con la sequenza di accordi, come mostrato nella seconda pentagramma del diagramma, regolate tutto ciò che è necessario, e poi proseguite con l’accordatura per ottave verso il basso e poi verso l’alto.

Tutto ciò che dovete fare è memorizzare la sequenza in cui accordare le dieci corde centrali e gli accordi che si utilizzano per testare l'accordatura. Una volta che avrete preso dimestichezza con questo metodo, la vostra vita arpistica (almeno per quanto riguarda l’accordatura…) sarà migliorata dalla capacità di accordare più velocemente e con maggiore precisione rispetto al passato, e con una minore dipendenza dagli imprecisi accordatori elettronici.

Per finire, una nota dolente: le levette! Ne esistono vari modelli ma, ahimè, anche quelle che io considero le migliori in assoluto, le Camac (così mi faccio un po’ di nemici) non sono assolutamente perfette. Lo stesso discorso vale per la meccanica delle arpe da concerto. Provate a chiedere ad un arpista professionista se, dopo aver accordato lo strumento in Dob, suonando qualcosa in tonalità con quattro o più diesis (in Mi o Si maggiore) trova che lo strumento sia ben accordato. Il 99% vi risponderà che deve “ritoccare” l’accordatura (l’1% ha poco orecchio…).

Questo avviene perché inevitabilmente quante più levette/pedali vengono impiegati tanto più l’intonazione diventerà precaria, anche se l’arpa è perfettamente registrata.

Se accordate la vostra arpa irlandese in Mib (tonalità mai utilizzata nella musica tradizionale irlandese), per suonare in Sol e in Re (le due tonalità usate nella musica irlandese) dovrete inserire rispettivamente quattro e cinque levette per ottava. Non pretenderete certo che l’accordatura così attentamente eseguita vi rimanga, vero? L’antica accordatura dell’arpa irlandese, così come riportata da Edward Bunting alla fine del 1700, è in Sol, quindi con il Fa#.

Soluzioni. La premessa è quella di avere l’arpa sempre scrupolosamente registrata. Tasto dolentissimo, perché non sempre (quasi mai) il tecnico è disponibile. Io ho imparato a registrarmela da me, ho un’arpa Camac e le levette Camac oltre ad essere le migliori per meccanismo di pinzatura (e due!) non sono nemmeno difficilissime da registrare e con un po’ di pazienza e di pratica si può imparare.

La prima soluzione è quella di decidere di accordare in un’ altra tonalità, magari in Sib (come faccio io), è sempre una levetta in meno, ma va benissimo anche in Fa, con un bemolle, o, meglio ancora, Do, così al massimo userete due levette per ottava. Ovviamente dipende da che musica suonate e da quanto spesso vi servono i bemolli (mi raccontavano sia Janet Harbison che Sylvia Woods che negli anni 70/80 le levette delle arpe irlandesi erano pessime ed inutilizzabili, quindi cambiando tonalità dovevano riaccordare lo strumento. Noi invece siamo nati comodi…).

La seconda ed ultima soluzione è quella di accordare in Mib a corde libere ma fare la verifica dell’accordatura in Do maggiore, quindi inserendo le tre levette necessarie, e fare gli aggiustamenti eventualmente necessari. E’ vero che non è l’optimum per le corde (ci sono alcuni modelli di levette che tagliano letteralmente le corde), ma bisogna fare di necessità virtù!

Ci sarebbe anche una terza possibilità… suonare scordati e mettersi i tappi nelle orecchie. Voi che ne dite?

Per il vostro divertimento, riporto le istruzioni per l’accordatura in Dob di Bochsa. Buona accordatura!

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7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, ho letto con grande interesse questo articolo che mi ha chiarito molto le idee sull'accordatura dell'arpa. Ho messo in pratica il metodo e devo dire che la mia accordatura è molto migliorata. Però ho ancora un problema del quale non riesco a trovare una soluzione soddisfacente. Io suono l'arpa classica da circa cinque anni(chiariamo subito, da dilettante) e trovo molto difficile accordare le corde basse della mia arpa, quelle di metallo per intenderci. Quando le accordo faccio fatica a sentire le ottave e quando mi sembrano accordate scopro che non è così... Il re e il do di settima (le due corde più basse) per me sono inaccordabili! Ho chiesto anche alla mia insegnante ma devo dire che non mi ha dato grandi consigli, si è limitata a dire che è difficile per tutti gli arpisti e che col tempo si migliora.
Vista la tua capacità di riuscire a spiegare per iscritto cose così complesse, non è che riusciresti a darmi qualche consiglio? Te ne sarei davvero molto grata. Angela

Marco ha detto...

Ciao Angela,
premesso che non suono l’arpa classica, proverò a darti qualche suggerimento.

E’ vero che le corde di metallo sono più difficili da accordare, soprattutto le più basse, perché il nostro orecchio fa fatica a percepire nettamente le frequenze basse; l’impressione è quella di sentire un suono in perenne oscillazione tra circa un semitono sopra ed uno sotto la nota che dovremmo sentire.

E’ una caratteristica comune a tutti gli strumenti molto gravi (i contrabbassisti lo sanno molto bene). Il re e il do di settima dell’arpa classica poi sono effettivamente al limite dell’udibile sulle arpe moderne.

Dico questo perché sulle vecchie Érard dovevano evidentemente essere più sonore, visto che l’arrangiamento per 6 arpe di Henriette Renié di un preludio di Debussy (La Cathédrale engloutie) ha un passaggio che inizia con il do di settima da solo in “fortissimo”. Te lo immagini oggi in una sala da concerto?…

Perdona la divagazione e veniamo alle cose pratiche.
Per prima cosa ti consiglio, quando accordi, di pizzicare i bassi più in alto rispetto al centro della corda, diciamo a 3/4, questo stratagemma permette di ottenere un suono più netto.

Altra cosa utile è pizzicare le corde verso l’esterno più che verso la tavola armonica. Nei bassi più che mai è necessario accordare le ottave armonicamente (unite) e non un suono dopo l’altro. I bassi non devono essere “tirati” con troppa forza, un sano “mezzoforte” è il modo giusto per accordare sempre.
Ultima cosa molto utile: per verificare l’accordatura suona – lentamente – una scala discendente a distanza di due ottave; per provare le quinte suonale come dodicesime e le terze come decime. Questo perché è più facile percepire intervalli più ampi.

Ultima prova è quella di suonare – questa volta in successione – le quinte come dodicesime ma in questo modo: il do bemolle di sesta mezzoforte seguito dal sol bemolle di quarta piano, e via discendendo, facendo però sempre attenzione a considerare la nota più alta come quella accordata e quella più bassa come quella da accordare.

Questo è tutto. Secondo me con un po’ di pratica e di pazienza riuscirai a migliorare la tua accordatura.

Ultima cosa, non per polemica… è vero che “col tempo si migliora”, ma bisogna anche sapere come fare, giusto, no? 

Un caro saluto, Marco

harpo ha detto...

Direi che è una risposta molto accurata e, tra l'altro, è utile anche per me che suono l'arpa da tanti anni e non sapevo tutti questi accorgimenti.

E' vero, le corde di RE e DO di settimana in tutte le arpe a pedali che ho suonato sono sempre state sorde, molto diffiicili da suonare e da accordare.
Nella Clio tavola stretta della Camac che ho da qualche anno queste due corde non ci sono e devo dire che non ne sento la mancanza. In alcuni brani dove sono richieste le suono all'ottava sopra. Se il passaggio è in ottava, per esempio Do di VI° + Do VII°, il più delle volte è sufficiente suonare il do VI°.
L'unico handicap di quest'arpa è che il Fa e il Sol VI° essendo le ultime corde vicino alla colonna sono escluse dal meccanismo del cambio dei padali (così come lo sono il RE e il DO VII° nelle arpe a 47 corde) e lì si che si sente la mancanza. Pazienza!

Grazie a Padre Marco!

Marco ha detto...

Ma dai! Non avevo mai notato che alla tua Clio mancasse la meccanica a Fa e Sol di VI!
Che manchi a Do e Re di VII capisco tanto non suonano)ma Fa e Sol di VI suonano eccome!
Evito di esprimere pareri in merito... :-)

harpo ha detto...

Purtoppo è così. Non conosco la ragione tecnica per cui tutte le arpe a pedali hanno le ultime due corde basse escluse dal meccanismo e rimanagono quindi senza possibilità di suonare alterazioni di passaggio.
E' un vero handicap sopratutto in un'arpa come la Clio 44 corde che è una signora arpa. Potrebbe tranquillamente essere un'arpa super professionale e maneggevole allo stesso tempo (ed abbastanza economica;-)), ma molti brani ed esercizi che fanno parte dei programmi accademici sono suonabili parzialmente per questo fatto.

Speriamo che la ditta Camac in futuro pensi ad una possibile soluzione.

D'altra parte c'è pura una strana regola che viene fatta passare da molti in Italia che se non hai particolari marche e modelli di arpe non puoi pensare di diplomarti o di presentarti in certi concorsi.

Sembra proprio in stile con un modo mafioso di pensare ed agire che c'è nel nostro paese...ma questa è un'altra storia! SIGH, sigh!

Anonimo ha detto...

"Padre Marco"???

Mi scusi!!! Non immaginavo che lei fosse un prete! E io che le ho dato allegramente del tu! Mi scusi ancora...

A parte la figuraccia, la ringrazio moltissimo per i suoi consigli che ho cominciato a mettere in pratica e devo dire che funziona! Ovviamente devo ancora prendere bene la mano - e l'orecchio - ma già i bassi sono molto più intonati. Domani ho lezione e così farò sfoggio della mia nuova abilità.

Ancora grazie per il suo aiuto e un grazie anche a Harpo per questo fantastico blog dove trovo sempre argomenti interessantissimi.
Vi farò sapere come procedono i lavori. Buona serata, Angela

Marco ha detto...

Ciao Angela!

Eh eh eh! Scherzo da prete!

Non ti preoccupare, il "tu" va benissimo, figurati se mi formalizzo per questo.

Sono contento che i miei consigli ti siano stati utili, vedrai che in breve tempo svilupperai una "coscienza dell'accordatura".

Dico questo perché molto spesso si accorda lo strumento in modo distratto, perché in fondo accordare è una scocciatura. Ma basta metterci un po' di attenzione e considerare l'accordatura come parte integrante - e fondamentale - dello studio (o dell'esibizione pubblica), unita a qualche buon consiglio pratico, per imparare in breve ad accordare al meglio.

Fammi sapere come procede. A presto!
Marco