giovedì 30 giugno 2011

Una tecnica diversa per le due mani



Riflessioni tecniche su:
l'impostazione di base della mano sinistra

Le due mani sull'arpa hanno la medesima posizione, ma nel repertorio folk hanno un ruolo completamente diverso.

La mano destra suona la melodia e la sinistra l'accompagnamento. Questo succede a dire il vero anche nel repertorio classico, ma il lavoro della mano sinistra risulta spesso più impegnativo e articolato.
Chi suona l'arpa celtica non deve quindi sobbarcarsi inutili sessioni di esercizi tecnici per imparare moduli che poi non applicherà mai nei brani tradizionali, ma per raggiungere una buona impostazione, ottenere sicurezza nei movimenti e una discreta forza della mano sinistra è comunque necessario allenarla con una tecnica simile a quella della destra soprattutto nei primi tempi di studio. 

Capisco che chi inizia a suonare vorrebbe aver la soddisfazione di suonare subito un brano completo con melodie e accompagnamento, ma è una situazione molto impegnativa per due ragioni. La prima ragione di ordine tecnico riguarda lo sviluppo delle capacità tecniche di entrambe le mani.
La seconda ragione è di ordine mentale: suonare due linee musicali diverse (melodia e accompagnamento) implica una concentrazione e un coordinamento non indifferenti.
Succede in tutti gli strumenti polifonici: clavicembalo, pianoforte, organo, arpa, chitarra classica, fisarmonica.

Come primo lavoro consiglio di utilizzare le melodie facili dei primi stadi suonandole sia con la destra che con la sinistra (trasportando questa ultima all'ottava sotto).
Direi che è necessario far questo almeno per i primi mesi di studio. E' un tipo di esercizio non tanto amato e risulta spesso noioso.
Poi, ottenuto un certo grado di sicurezza delle due mani si può diversificare il lavoro specializzando ciascuna mano verso le proprie peculiarità e i propri obbiettivi.

Si eseguono così i primi accordi con la mano sinistra aggiungendoli alle melodie semplici già studiate avendo l'accortezza di studiarli con cura prima da soli.

Esistono poi dei movimenti standard utilizzati negli accompagnamenti. Una volta imparati potrete poi variarli a vostro piacimento, creando il vostro stile di accompagnamento.

4 commenti:

Zosimos ha detto...

Gentile Rosangela,

profitto di questo tuo post sulla tecnica della mano sinistra (che sembra scritto apposta per me!) per domandarti un consiglio.

Ora come ora sono in grado di suonare brani con accompagnamenti di bicordi e tricordi anche arpeggiati, usando talvolta anche il quarto dito (anche se non ancora agevolmente). Per fare un esempio pratico, riesco a suonare - ovviamente dopo averlo ben studiato! - Eleanor Plunkett nell'arrangiamento di Sylvia Woods, ma già anche qualche pezzo elisabettiano tratto dai libri di Suzanne Gulldimann, con più difficoltà.

Mi domandavo ora: ho acquistato non da molto, sempre dal sito della Woods, "Harp Exercises for Agility and Speed" di Deborah Friou.
Non so se hai avuto modo di vederlo. E' un corposo repertorio di esercizi tecnici suddivisi per "tipologia" (due, tre e quattro dita, accordi, arpeggi etc)

Gli esercizi risultano noiosi come lo sono quelli di qualsiasi altro strumento, ma mi domandavo: alla luce di quanto scrivi sopra, quali sono i vantaggi in senso pratico?
Visto che tecnicamente "so" fare bicordi all'interno di un brano, quale giovamento traggo a ripetere intere mezzore di terze, quinte, seste e ottave?
Senza dubbio all'inizio molti esercizi sono risultati indispensabili per l'impostazione della mano, e certo la dimestichezza con lo spartito aumenta. Eppure mi sono accorto di aver fatto buoni progressi anche semplicemente scegliendo e imparando man mano dei brani che presentavano uno o due "passaggi" complicati, che richiedevano da me un "salto" tecnico... in pratica, acquisendo di volta in volta la tecnica NECESSARIA per suonare questo o quel brano.

Sono molto in dubbio! Certo continuerò a sottopormi ai tremendi esercizi della Friou, ma temo di direzionare male le mie energie...

Grazie di tutto! E ovviamente continuo a seguirti con fedeltà.

harpo ha detto...

Gentile Zosimos,
ecco un po' di riflessioni che mi vengono spontanee riguardo al tuo problema:
Tecnica si o tecnica no???
Ore di studio tecnico o no?....

Ti chiedo:
Riesci a suonare Eleanor Plunkett della Woods nelle due versioni?
La prima versione prevede per lo più accordi e bicordi e nella battuta n. 8 la diteggiatura 4,2,1 sulle note sol, re, sol (l'ottava con la quinta, suonate in arpeggio).
La seconda versione propone arpeggi nelle diverse posizioni.
Non conosco il libro della Suzanne Gulldimann per valutare le difficoltà richieste nei suoi arrangiamenti. Ci sono contrappunti impegantivi nella mano sinistra?

Rileggendo il mio scritto e il tuo ti accorgerai che un po' di risposte le hai già. Io parlo di "primo approccio" e di impostazione delle due mani. Tu, credo, abbia già superato questa fase.
Se hai già ottenuto un certo grado di sicurezza delle due mani può diversificare il lavoro specializzando ciascuna mano verso le proprie peculiarità e i propri obbiettivi.

Penso che tu possa continuare così. Nel momento in cui troverai uno spartito in cui alla mano sinistra è richiesta una tecnica più avanzata (con armonie o passaggi più interessanti) potrai valutare che tipo di impegno vorrai dedicare per risucire a suonarlo com'è scritto o lo arrangerai al tuo livello.
Ci sono molti modi di suonare uno strumento e molti diversi obbiettivi che ognuno si prefigge.
Mi vengono in mente molti concetti esperessi da Enrico Euron nei suoi tre libri del suo metodo nel quale fa spesso confronti tra il metodo di studio accademico e quello popolare. Credo che, come dice lui, una sana mescolanza dei due ti possa aiutare.
……
Tutto dipende da dove si vuol arrivare. Ci sono arpisti meravigliosi che suonano con una tecnica impeccabile e non sbagliano una nota, vincono premi internazionali e sono grandi concertisti. Al di là del fatto che onguno di noi ha i suoi tempi per raggiungere un certo grado di perfezione (ciò che riesco a fare io con due ore di studio, non è detto che un altro lo riesca a fare in un quarto d'ora…) Suonare bene un brano all'arpa richiede comunque una dedizione costante sia di lavoro tecnico che musicale. Per ciò che mi riguarda l'arte non è altro che sudore e perseveranza, e non credo alle illuminazioni divine.
Tutto dipende poi dal traguardo che ciascuno vuol ottenere anche nell'ambito di un impegno per così dire amatoriale.

Mi viene in mente cosa raccontava un mio amico quando dirigeva delle banda amatoriali.
Le persone di una certa ètà che suonavano per diletto non volevano sentir parlare nè di studiare qualche passettino a casa (anche molti giovani la pensavano così) nè di trovare un sistema per migliorare l'intonazione.
Loro dicevano "veniamo alla banda per distrarsi e divertirsi".
OTTIMO: basta poi non spacciare queste escuzioni come "concerti" e non come incontri goliardici pre pizzata, o non importunare troppo il pubblico con esecuzioni al limite del decente…

Caro Zosimos, se quello che suoni ti soddisfa e ti senti appagato non credo che tu debba passare ore di inteminabili a suonare esercizi noiosi. Quando sentirai il desiderio, piano piano, di progredire tecnicamente per riuscire sempre meglio ad esprimerti attraverso il suonare, valuterai tu un giusto impegno da dedicare allo studio della tecnica necessaria.

Utile per capire qual è il tuo "giusto" (le proprie aspettative) è confrontarsi ogni tanto dal vivo con altri suonatori e con qualche insegnante intelligente. Avere modo di confrontarsi con gli altri ci fa crescere sia musicalmente che come persone e ci dà una prospettiva più realistica delle cose.

Non credo che possano esserti utili quei "tremendi esercizi" se hai stabilito già che ti fanno sprecare preziose energie…
Magari, più avanti, ne sentirai la necessità e andrai a riprendere quelli che troverai utili. Senza tecnica è difficile esprimersi, ma troppa tecnica fine a se stessa giova a poco.

Grazie a te.

Padre Mattia ha detto...

Sotto il termine "tecnica" giace una immensa quantità di esercizi finalizzati a dei risultati da raggiungere. E questo vale per qualsiasi strumento, compresa la voce.
C'è la tecnica per impostare le mani (o la voce), per imparare gli accordi, gli arpeggi, le scale, gli abbellimenti. Come giustamente dice Rosangela, dipende qual è l'obbiettivo che ciascuno si pone.
Un po' di tecnica serve egregiamente anche a scaldarsi le dita prima di suonare. Prova a suonare un pezzo "a freddo" e prova a suonarlo dopo aver fatto dieci minuti di esercizi, e sentirai la differenza.
Per quanto mi riguarda, sono tra quelli che sostengono che la tecnica sia indispensabile per suonare qualsiasi strumento. Ma è ovvio che se il mio scopo è quello di suonare da dilettante non è necessario passare ore ed ore a fare esercizi (cosa invece indispensabile per un concertista), bastano 15/20 minuti ben suonati, 3/4 esercizi suonati tutti i giorni prima di suonare il proprio repertorio o studiare nuovi brani per irrobustire la muscolatura ed affinare l'agilità delle dita. E quando quei 3/4 esercizi vengono bene, avanti con altri 3/4. Così il tempo passa, la vita scorre e si diventa sempre più bravi!

Zosimos ha detto...

Vi ringrazio molto per le vostre risposte. Concordo con voi: l'arte richiede una dedizione ben lontana dalle "illuminazioni" che, fin troppo spesso - sono studioso d'arte bizantina... lo so bene, ahimè! - vengono chiamate in causa per giustificare risultati ben più sudati.

Quanto ad Eleanor Plunkett, so suonare senza errori la prima versione, e ancora con qualche "frizzo" di troppo la seconda. A volte mi trovo a cambiare istintivamente la diteggiatura delle note ribattute rispetto a quella prevista dalla Woods (ho studiato all'inizio con il sistema Harbison), ma la musica fluisce abbastanza bene.
Trovo i libri della Gulldimann molto interessanti per arricchire il repertorio. Alcuni brani sono un po' "spogli" (non erano stati scritti per arpa ma per verginale), quindi richiedono un certo grado di espressività per non suonare scarni... altri hanno contrappunti con riposizionamenti istantanei che ancora non padroneggio. Ma procedo.

Grazie ancora, continuo a seguirti.